INTRODUZIONE
La Grande Casa aprì le sue porte alle ragazze disoccupate che ebbero modo di imparare dai Corsi di Formazione Professionale non solo l'attività inerente, ma di avere un contributo giornaliero che fu molto utile in quel periodo. Ai Corsi imparavano anche un po' di cultura e li vivevano in allegria, quella allegria ingenua dei tempi dove lo stare insieme era già una gioia.
Fu molto importante anche l'apertura di un Laboratorio da parte della Ditta Callegari che occupò circa un centinaio di ragazze le quali, a gruppi, aprirono in seguito laboratori personali.
*** Quando la Madre Guerra richiese i Corsi di Formazione Professionale (maglieria, camiceria, ricamo, tessitura) le fu detto che li poteva ottenere solo se aveva il personale specializzato. Allora suor Rosa Luisa, suor Maria Tecla e io frequentammo una scuola privata e demmo degli esami, in parte a Ravenna e in parte a Forlì. Prendemmo il diploma del Magistero della Donna col quale si poteva insegnare anche nella scuola elementare. Cinque anni dopo, quando eravamo pronte, iniziarono i Corsi.
(suor Rosa Angelica)
I Corsi, indetti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, erano patrocinati dall'E.N.A.L.C. ( Ente Nazionale di Addestramento Lavoratori ) che promosse il primo Corso di Taglio e Confezioni e dall'I.N.I.A.S.A (Istituto Nazionale per l'Istruzione e l'Addestramento nel Settore Artigiano.)
Iniziarono nel 1953.


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Anni '50
-***C'erano sempre tre Corsi contemporaneamente e la Direttrice era suor Rosa Angelica. Io insegnavo in quello di maglieria e avevo tanta soggezione davanti a tutte quelle ragazze. Mi volevano bene ma si divertivano a fare degli scherzi. Io dicevo:" Fate le brave che sono vecchia e stanca". Allora la Delma mi chiamava affettuosamente "la mia vecchia". Subito imparavano a dipanare le matasse, poi a incerare il filo mentre facevano le bobine. Poi insegnavo a usare la macchina per fare i calzettini che a me sembravano facili, invece a loro parevano tanto difficili. Alla fine di ogni Corso c'erano l'esame e il diploma. Quello che avevamo prodotto ( maglie, scialli, sciarpe e altro), prima veniva esposto e poi consegnato all' I.N.I.A.S.A. che aveva provveduto a fornire il materiale e la paga alle ragazze.
(suor Maria Margherita)
1913-2005- Si chiamava Maddalena Solaroli e veniva da Villa Vezzano. Intorno agli anni 1925/26 fu mandata nel collegio Emiliani per essere educata e imparare un mestiere. Imparò varie arti femminili e il lavoro di magliaia che svolse poi anche fuori del Collegio. Vestì l'abito domenicano nel 1944. Era una suora semplice, ma intelligente, amante del nascondimento, schiva di lodi. Aveva l'estro della poesia, scriveva zirudelle accompagnandole con disegni. Ebbe vari incarichi che svolse sempre con impegno e dedizione.
(Dalle parole di suor Maria Caterina Farolfi)
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Perle (dalla scuola elementare)
♣I maiali mangiavano le ghiande e le carrucole
♣I miei maiali vanno sotto un ghiando e mangiano le ghiande.
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***Ogni tanto veniva da Faenza la signorina Magli che a noi sembrava una vecchia zitella, ma forse vecchia non era. Ci parlava dell Divina Commedia e ci faceva imparare a memoria dei pezzi come quello del " Conte Ugolino, di Caron dimonio con occhi di bragia, Nel mezzo del cammin di nostra vita" ed altri. Ci davano 300 lire al giorno ma una volta la paga tardava a venire, allora Adriana Farina attaccò alla porta un cartello con su scritto. "Lasciate ogni speranza o voi che entrate che qui dei soldi non ne pigliate".
Imparammo a fare i modelli con l'apposita squadra e un anno confezionammo le divise da ginnastica per le studentesse: gonna-pantalone blu e camicetta bianca.
(Assunta Benini)
***Al Corso di tessitura imparai a tessere gli asciugamani nel telaio a quattro pedali. Dentro le navette si mettevano i cannellini di filo e Giuliana Bandini era addetta alla manovella dei cannellini. Le mettevamo una striscia di stoffa intorno alla testa con infilato un cannellino. Quando noi la chiamavamo: "Piccolo Indiano!", lei doveva rispondere: "Augh!".
***ll Corso di Taglio e Cucito è stato un periodo particolarmente felice. Ci sentivamo a nostro agio, come a casa nostra. Durante il lavoro a volte cantavamo, ma quando per suor Rosa Angelica le parole erano troppo 'spinte' (amore, bacio ecc.) diceva: "State zitte se no vi chiudo a chiave nella stanza di là."
All'inizio facevamo i modelli di carta, poi sul modello base ognuna di noi poteva fare delle modifiche secondo il suo gusto. Poi ricostruivamo il modello sempre di carta, ma proprio come se fosse un vestito vero. Una volta cucimmo le divise per i bambini dell'asilo. Alla fine del Corso, dopo la mostra, alcuni vestiti venivano sorteggiati. Io vinsi un vestito che mi stava a pennello. Era rosa con dei fiori azzurro pallido.
(Vilma Piancastelli)
*** Con altre tre, rammendai la pianeta dell' Arciprete Cantagalli che era tutta un buco. La rammendavamo col filo giallo. Suor Teresa Giovanna ci insegnava Merceologia. Era molto autoritaria ma mi voleva bene e anch'io gliene volevo. Adesso scopro il valore di tutto quello che le Suore ci insegniavano.Allora mi sembravano cose senza senso, invece tante parole mi tornano alla mente perchè ora me le spiego, cioè arrivo a capirne il significato. Parole, preghiere, che ascoltavamo magari con fastidio, sono rimaste nella mente e adesso penso che avevano ragione. Perciò la base ce l'hanno data. Sono contenta di essere stata con loro. Se ho un aiuto nella vita è grazie a loro.
(Stefania Monduzzi)
***Mi misero al Corso di Tessitura. C'erano Bina Ghetti e Malva Ferretti. Stavano sempre insieme ed erano brave a ordire la tela. Poi c'era l'Anna Biagi, c'erano ragazze di San Martino come l'Elda Bassetti e la Giovanna Ciani di Celserrato. La Giuliana Bandini faceva sempre i cannelli in un telaino piccolo e tesseva le sciarpe. La mattina andavo a dare il lavoro e poi in cucina. Le ragazze facevano tovaglie e tovaglioli di canapa e coperte belle grosse che sono rimaste a quelli del Corso. Erano brave e svelte. Davo la misura, dicevo: " Ne devi fare un metro prima di mezzogiorno", e loro si ingegnavano per arrivare a finire. Quando dovevamo fare delle tele molto lavorate, veniva una Suora delle Ghidieri perchè ci volevano più pedali e lei era più pratica. Ho un bellissimo ricordo di quelle ragazze.
(suor Maria Assunta)
***Sono andata molto nel Convento quando facevo i Corsi. Ci sono andata dai 15 anni a vent'anni. Mi piaceva molto il ricamo. Mi trovavo bene con le compagne e con suor Rosa Angelica andavo benissimo. Facevo il gigliuccio e il puntino nelle cose della chiesa. I soldi che prendevo li utilizzavamo in casa.
(Giampaola Pedrelli)
***I Corsi ci hanno lasciato anche un po' di istruzione perchè suor Pier Damiana ci insegnava varie cose, svolgendo un programma che somigliava a quello della prima media. Suor Maria Tecla ci insegnava Merceologia, ci parlava dei vari tipi di fibre. Poi le Suore, fin da bambine, ci portavano in gita. Bisogna riconoscere che hanno anche il merito di averci fatto uscire dal guscio. Per noi erano le uniche occasioni per muoverci dal paese. Sono stata a Roma, Loreto, Firenze, San Marino, Ravenna e il mare l'ho visto per la prima volta durante una gita.
(Vanda Billi)
***Era il 1953, la maestra Caterina Sabbatani ci stava facendo lezione di Italiano. Ci aveva dato da studiare la poesia "La cavallina storna" di Pascoli, ma nessuna la sapeva. Chiamò Marisa Samorè e noi cercavamo di suggerirle i versi. La poesia finisce così: 'disse un nome, suonò alto un nitrito'. Purtroppo Marisa capì: ' disse un nome, alzò alto un dito.' Quanto ridemmo!
(Teresa Scarpa)
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***Nel 1958 cominciai i Corsi per disoccupate. Il primo anno al corso di cucito ci insegnava la Tina Montaguti, che era maestra di taglio. Dopo di lei venne Maria de Caporal che faceva la sarta. Suor Rosa Angelica ci sorvegliava e ci insegnava il ricamo. Quando si assentava, andavo su all'ultimo piano con Edda, Biancamaria e Pina Montevecchi. In stanzoni bui, con gran puzzo di chius, c'erano tavoli, panche, mobili vecchi, e poi vestiti per le commedie, corone, scatole di perle... Frugavamo e toccavamo tutto, ma non abbiamo mai preso niente. Avevamo anche paura e, al minimo rumore, scappavamo giù per le scale come cavallette.
(Assunta Benini)
***Quello è stato il nostro periodo più allegro. Ci siamo divertite tanto perchè avevamo tanta voglia di scherzare nonostante fossimo già grandi. Una volta ci nascondemmo dentro una stanza buia. Indietreggiando, sentimmo che c'era una pila di materassi. Una disse. "Chissà quante Suore ci sono morte qua dentro." Ci fu subito una fuga generale.
(Magda Ceroni)
***Come sarta, cominciai a insegnare taglio e cucito nei Corsi. Erano presenti, tra le altre ragazze, tutte le giovani maestre disoccupate: Magda Ceroni, Malva Ferretti, Bina Ghetti, Valda Sasdelli, Marta Casadio. Quante me ne combinavano! Suor Pier Damiana ogni tanto le sgridava e diceva:"Venite proprio solamente per quel tozzo di pane!"
Una volta stavamo cucendo delle tonache bianche da suora e loro dovevano partire per andare a un convegno. Prima di andarsene, mi cucirono tutte le tonache col filo nero. Da quel convegno ci scrissero una cartolina postale con disegnato un tozzo di pane e confessando la bravata. Dovemmo scucire tutto il lavoro e rifarlo.
Quando arrivavo io verso le dieci dopo le ore fatte da suor Rosa Angelica, non ne trovavo nessuna in classe. Giocavano tutte a nascondino. Valda portava addirittura da casa le babbucce per non far rumore. Battevo le mani e sembravano i polli che escono dalle stie. Da tutte le parti ne spuntava una.
Eravamo al terzo corridoio, quello laterale, coi gabienti che davano sul cortile della cucina. Andavano lì a fumare. Quando aprivano la porta, il fumo usciva a nuvole. Sembrava un girone dell'inferno.
(Bruna Zaccarini)
***Una volta venne un'ispezione. Erano quelli dell'Ufficio di Collocamento di Brisighella, Luigi Casadioe Cicco Montanari. Li accompagnava un Ispettore di Ravenna. Eravamo tante, sedute a una lunga tavola . Malva riuscì a prendere gli occhiali di un'altra e se li mise sulla punta del naso, poi teneva la lingua fuori come se fosse mongoloide. Entrò la Madre Guerra e disse:" Questo è il mio laboratorio" e tutti guardarono Malva. I due (Casadio e Cicco) che la conoscevano, rimasero esterreffati e l'Ispettore cercava di non guardarla, ma ogni tanto il suo sguardo andava da quella parte. Avrà pensato:" Poverina, potrebbe essere una bella ragazza. Guarda com'è ridotta." Quando se ne andarono, tornò dentro la Madre infuriata. " Vergognatevi! Bella figura che mi avete fatto fare. Non vi voglio mai più. Siete delle disgraziate". Noi avevamo riso a crepapelle e continuammo a ridere perchè era tanto arrabbiata che ormai le scappava la dentiera.
(Bina Ghetti)
*** Suor Maria Margherita mi voleva molto bene e io a lei. Andavo al Corso di Maglieria e ricevevo 300 lire al giorno. Una volta mi disse:-Metti su la macchina e metti su tutte le maglie.- Obbedii e cominciai a lavorare, su e giù, su e giù, ne avevo fatta un bel po' di quella maglia.Chiedevo:- Ma quanta ne devo fare?- Mi rispondeva:-Tu va sempre avanti che te lo dico io quando devi smettere.- Alla fine ne avrò fatto un metro e mezzo.-Ma suor Margherita, per chi è questa maglia?- Quando l'avrai finita, avrai attaccato le maniche, te lo dirò.- Era enorme. Quando l'ebbi cucita scoprii che era per suor Caternò, suor Caterina, la suora più gigantesca che abbia mai visto.
(Fella Ceroni)
***Nel 1960 iniziò un Corso di Addestramento e Qualificazione per Stenodattilografe. Aveva la durata di otto mesi e venne ripetuto, insieme ad altri Corsi , fino al 1968. Io cominciai a insegnare in quel Corso nel 1962 e avevo 22 allieve. Erano quasi tutte interne, dell'E.N.A.O.L.I., invece negli anni successivi erano più le esterne che le interne.Ho un ricordo molto bello di loro. S'era instaurato un legame molto vivo e profondo, favorito anche dal fatto che ero giovane Suora.
(suor Maria Caterina)


APRE IL LABORATORIO CALLEGARI
***Nel 1958 la Madre Guerra mi chiamò per dirmi che mi dava un nuovo incarico. Dato che eravamo in zona depressa, aveva chiesto e ottenuto dalla Ditta Callegari e Chigi di Ravenna che mettesse su in Convento un laboratorio di confezioni. Io avrei avuto la funzione di sorvegliante e di responsabile della disciplina. Per cominciare, ci stabilimmo nella palestra, poichè, essendo agosto, le studentesse erano in vacanza. Le lavoranti erano sei ragazze giovanissime perchè allora il lbretto di lavoro lo rilascaivano a 14 anni. EranoTina Pierantoni, Primarosa Morganti,Margherita Piancastelli, Erminia (che era un'interna) e Elda Cornacchia.Davanti a quelle macchine elettriche avevano perfino paura.. Per fortuna la Ditta evva mandato una brava insegnante, la signorina Brunetti. Cominciammo con fare blue jeans e camicie sportive. Da sei ragazze, passammo in un anno a 96 e si arginò così la miseria della vallata. La Callegari quotò molto il nostro lavoro e i nostro laboratorio, perchè fin dall'inizio abbiamo dato la produzione richiesta, magari smaltendo il lavoro rimasto con ore di straordinario.. Le ragazze hanno semprerisposto benissimo e si sono sempre fatte onore.. L'attività è durata circa 15/16 anni. Facemmo paletò, i pantaloni più fini,gli impermeabile e perfino canotti e tende da campeggio.. Ad un certo punto l Callegari disse che era necessario costruire un fabbricato apposito, ed è quello che è in fondo al cortile. Ci aiutarono anche finanziarmente, per esempio nell'installazione dell'impianto di riscaldamento e di quello elettrico.. Quando successe che la Ditta fallì per colpa di altri laboratori che aveva anche all'estero, subentrò un signore che faceva le calze, ma non tirò molto avanti, poi ci furono altre produzioni che non durarono.
Adesso, dopo il fallimento, abbiamo affittato la parte inferiore a un gruppo di lavoranti in proprio che producono scarpe)
(suor Maria Luisa Mondini)
***La giornata alla Callegari cominciava alle 8.Le lavoranti arrivavano puntuali col loro camice azzurro, oppure rosa perché ogni due anni cambiavano colore. Ricordo la figura che facevano durante la processione dell'Ascensione. Erano belle ragazze con le loro collanine e il velo in testa. Una volta mi si avvicinò 'Bestén', l'Arciprete Cantagalli, e mi disse: "Rina, (mi chiamava sempre col mio nome da ragazza), el tu bordeglie el per tocce madon." (Le tue ragazze sembrano tutte madonne).Io seguivo la produzione e facevo le bollette. Alla fine confezionavamo pure giubbetti e sottane di renna, articoli anche di lusso. Ogni mattina veniva Pietro, il camionista dell Ditta, e ritirava il lavoro finito. Quando hanno chiuso, ho pianto. Mi ero affezionata.
(suor Rosa Luisa).
***C'era molta disciplina. Se sbagliavamo il lavoro, ci andavamo anche alle 6 a rifarlo. A me è capitato anche di ritornare a casa un sabato sera alle 9 e mezzo. Dobbiamo riconoscere che la disciplina di suor Rosa Luisa ci è servita nella vita. Siamo diventate più responsabili. Per noi è stata una buona maestra. Carmela Palli, per esempio, e Mina Fabbri, che hanno aperto dei laboratori, hanno imparato molto dal suo esempio. È stata una scuola utile e dobbiamo esserle riconoscenti.
(Luciana Mercatelli e Gabriella Montuschi)
*** Mi piaceva andarci. Avevo 17 anni e un giorno suor Rosa Luisa mi chiuse nei gabinetti e mi ci lasciò in penitenza perchè avevo subito un'ingiustizia da un'altra e mi ero arrabbiata forte.Solo dopo due ore mi liberò per tutto lo scompiglio che avevo combinato là dentro. Avevo fatto la matta. Però ci siamo anche divertite.Quando le Suore ci portarono a Capri, sul traghetto facevo le commedie. Mi muovevo a scatti e cantavo Pipetto Stroppolo e '"Franceschino con che core tu mi lasci' e facevo la mossa".
(Fella Ceroni)
***Al laboratorio Callegari ti prendevano solo se avevi meno di vent'anni. Noi del 1959 eravamo le più grandi. La mia prima busta paga fu di 1.500 lire per un mese e lasciai giù anche 100 lire per la cassa della gita.Mi sembrava di aver preso tanto. Dopo cominciarono a darci 250 lire al giorno. All'inizio facevamo lavori un po' andanti come tute da lavoro, cappotti neri di tela cerata per i ferrovieri. Suor Rosa Luisa era in gamba, sapeva trattare, non era impacciata nemmeno davanti ai dirigenti.Allora si piangeva anche solo perché non si arivava a finire il lavoro, o il lavoro a catena ti stressava, invece adesso, quando ne parliamo, diciamo:- Che bei tempi!-. Avevi anche occasione di conoscere ragazze che venivano dagli altri paesi della vallata. Da quel lato è stata un'esperienza positiva. Era un ambiente familiare e ci volevamo bene. Non c'erano rivalità perché non c'era possibilità di carriera. Eravamo tutte uguali e rendevamo molto. Penso che come ambiente di lavoro sia stato veramente valido.
(Teresa Albonetti)
*** Nel 1959, quando mi presero alla Callegari, guadagnavo 250 lire al giorno. Nei primi due mesi la paga fu di 3.000 lire e dopo di 5.000 lire. Ci sembrò moltissimo. Era arrivato il benessere!
(Luisa Montuschi)
***Alla Callegari ci sono rimasta dai 16 ai 31 anni, a cominciare dal dicembre del 1958. Quando la chiusero per fallimento, fu acquistata da De Tomaso e mi chiamarono a Ravenna a fare la maestra. Ero tra le più brave, ma ero anche la più disponibile in quel momento e ho aperto la strada ad altre ragazze. Per questo mi sento un po' la pioniera. Il primo laboratorio a Fognano, la CAS, l'ho fatto aprire io. Sono rimasta a Ravenna tre anni, seguivo 100 donne. La mia responsabilità era grande e quelle donne avevano grinta e poca paura. Lavorare alla Callegari mi è servito moltissimo, c'era molta disciplina e, anche se l'abbiamo subita, io sono per la disciplina. Sono venute fuori tante brave ragazze di là dentro. Io personalmente ho imparato tanto e la disciplina l'ho applicata anch'io, non in ugual misura perché i tempi cambiano, però mi è servita come formazione, come quadratura nel lavoro. Suor Rosa Luisa aveva una grande responsabilità e si capisce poi solo quando si è più grandi, e con la disciplina ha formato tante persone valide. Quelle che hanno aperto un laboratorio qui nella zona sono venute dalla sua scuola.
(Mina Fabbri)
***Io sono praticamente cresciuta nel Convento. Ho fatto i Corsi di maglieria con suor Maria Margherita che era molto dolce, molto buona e molto comprensiva. Poi sono andata al Laboratorio Callegari per parecchi anni. Quando fallì, a me e a Grazia Benericetti offrirono di andare a lavorare a Ravenna. Più tardi ne vennero altre. Mentre lavoravo alla Callegari, ho fatto un Corso di apprendistato per due anni. Una volta alla settimana, in una sala del Convento, imparavamo a tagliare, a cucire e ci insegnavano Economia Domestica. Facevamo anche dei problemi. La Callegari questi Corsi li doveva fare per legge. Oltre a Grazia, c'erano Oriana Ciani, Oriana Oriani e altre appena assunte, una ventina. Io ho vinto per due anni il premio di 10 mila lire i perché avevo fatto meno assenze di tutte e avevo svolto bene i compiti. C'era anche un secondo premio di 5 mila lire. I premi li consegnava l'Ufficio del Lavoro di Fognano. A me li consegnò Montuschi.
(Gabriella Piancastelli)


IL CORSO PER STENODATTILOGRAFE
Il primo fu aperto nel 1960. Aveva la durata di 8 mesi e venne ripetutto, insieme ad altri Corsi, fino al 1968. Io cominciai a insegare nel Corso del 1962 e avevo 22 allieve. Erano quasi tutte interne, dell'E.N.A.O.L.I.,Invece negli anni successivi erano più le ragazze esterne che le interne.Ho un ricordo molto bello di loro. Si era instaurato un legame molto vivo e molto profondo, favorito anche dal fatto che ero una giovane Suora.
(suor Maria Caterina)
Oggi* il Monastero è principalmente una casa di accoglienza e spiritualità gestita da suore domenicane. Il Centro di accoglienza è aperto per gruppi di preghiera, di studio, per convegni di vario genere, per riposo e vacanza.
La Casa offre un clima ospitale, di silenzio e pace a contatto con la natura; è attrezzata di sale di diversa capienza, mezzi audiovisivi, ampi spazi di soggiorno, un parco secolare, giochi per bambini.
Dispone di 180 posti letto in camere spaziose, singole,doppie o a piu letti, con bagno interno.
Per *Oggi si intende dal al 2019 quando nere nubi temporalesche cominciarono ad affacciarsi sopra al Convento.
C’è un futuro per il Convento Emiliani di Fognano? “Siamo stati contattati da diverse persone, già nei primi giorni della settimana scorsa, quando hanno iniziato a serpeggiare le prime voci, per poi intensificarsi negli ultimi giorni”: a parlare è Luca Ballanti, consigliere del gruppo Insieme per Brisighella. “Voci che sono state confermate dai diretti interessati che hanno perso il lavoro e dalle famiglie che sono state informate che non si sarebbe attivato nessun CRE (Centro ricreativo estivo) per i bambini. E così, appurata la costante assenza dell’amministrazione comunale sia sul piano comunicativo sia nel gestire questa situazione già difficile a ottobre 2019, abbiamo deciso di scrivere al referente della Provincia dei Frati Domenicani per farci portavoce di informazioni certe e veritiere e offrire inoltre la nostra piena collaborazione per una progettualità sul futuro delle attività presenti nel Convento. Il Convento Emiliani non è solo una struttura di sostegno alle famiglie con l’offerta di un servizio di scuola materna e nido d’infanzia, ma è altresì un importantissimo punto di riferimento per il tessuto sociale, turistico-ricettivo dell’intera vallata, che ha sempre messo davanti agli interessi economici, il valore dell’accoglienza. Perdere questa importante realtà porterà di certo a un impoverimento non solo di Fognano, ma dell’intero Comune di Brisighella. Come gruppo consiliare attendiamo una risposta, fiduciosi che si tratti solo un fermo temporaneo legato alle misure previste per l’emergenza sanitaria".
(Luca Ballanti Assessore Comunale)
La messa è finita per il convento Emiliani di Fognano: alla mancata riapertura del centro estivo, dell’asilo nido e della scuola materna si aggiunge ora la notizia dell’abbassamento del sipario su tutte le attività del monastero, tra cui l’hotel. Per l’istituzione religiosa che dal 1544 – fatta eccezione per l’epoca napoleonica – occupa l’edificio corrispondente a gran parte del centro storico di Fognano- questa rappresenta una sostanziale uscita di scena dalla vita della vallata. Le monache che abitano il monastero – meno di una decina – rimarranno a vivere tra quelle mura.
(dal Resto del Carlino)
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Dal Resto del Carlino Lettera di un gruppo di medici che organizza corsi al convento Emiliani di Fognano.
Quando nel 2017 approdammo a Fognano, consigliati da amici della zona, ci fu subito chiaro di aver trovato il nostro piccolo paradiso. L’Istituto Emiliani offriva il contesto ideale per realizzare un sogno: organizzare dei corsi teorico-pratici su due strumenti clinici fondamentali come l’elettrocardiogramma e l’emogasanalisi, in cui al centro ci fossero la condivisione delle conoscenze, il contagio degli entusiasmi, il confronto fa le diverse esperienze. Il tutto in un clima raccolto, con uno stile lontano dagli orpelli economici ed affaristici che deturpano l’arte medica (...).
Nel silenzio dei corridoi, nel cibo genuino e gustoso, nella generosa ospitalità delle suore domenicane e del personale, ormai centinaia di giovani medici provenienti da tutte le regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia, hanno trovato in questi anni un’opportunità preziosa ed unica nel suo genere per approfondire delle competenze professionali ad un costo accessibile (...)
Ma i giorni a Fognano sono anche per tutti noi l’occasione per conoscere le qualità di un territorio che sa offrire molto di più della riviera e delle sue più note attrazioni. Qui, nelle serate conviviali, incontriamo produttori di vino, di olio e di birra artigianale, che ci comunicano segreti di un’arte millenaria e soprattutto quella passione che è parte essenziale della vostra terra. E tutto questo arricchisce la nostra umanità.
Con sorpresa e smarrimento abbiamo appreso, quindi, la notizia della chiusura dell’Istituto Emiliani. Immaginiamo, certo, le difficoltà legate ad introiti probabilmente troppo scarsi rispetto alle onerose esigenze di conduzione e manutenzione di una struttura tanto vasta e articolata. Cogliamo, tuttavia, la straordinaria importanza storica ed anche attuale e concreta che il Convento riveste nel tessuto sociale, non solo della Valle del Lamone, ma anche dell’area romagnola.
E intuiamo le sue enormi potenzialità come luogo di formazione, di incontro e di ristoro (del corpo e dell’anima) anche a un livello potenzialmente nazionale.
Proprio per tale sua unicità, ci attendiamo che le autorità religiose abbiano a cuore la preservazione ed il rilancio dell’Istituto. Perché possa continuare ad essere un riferimento ed un richiamo sociale, culturale e spirituale, nel solco della vocazione per cui è nato quasi due secoli fa.
E ci pare che tali motivi valgano qualsiasi sforzo e qualsiasi calcolo. La gente delle vostre terre ha bisogno del convento di Fognano.
E, con loro, anche centinaia di medici di tutta Italia anelano ad un luogo in cui crescere in conoscenza e umanità. Due pilastri indispensabili per diventare quei buoni ’dottori’ di cui tutti sentono il bisogno.
Domenico Gruosso, Tiziano Lenzi, Andrea Vicenzi, Laura Napoleone, Anna Maria Rusconi, Paolo Villa
(da "Brisighella notizie del territorio- Facebook)
.
Lettera di risposta di Frate Fausto Arici, commissario Apostolico
24 SET 2020 —
Lettera inviata dal Commissario apostolico, come risposta .
A seguire, la nostra risposta.
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Alla cortese attenzione di gentilissimi Domenico Gruosso, Tiziano Lenzi, Andrea Vicenzi, Laura
Napoleone, Anna Maria Rusconi e Paolo Villa.
Sono, con molta stima, a ringraziarvi per le numerose lettere e testimonianze che mi avete fatto pervenire
al fine di manifestare il vostro attaccamento all’Istituto Emiliani, il riconoscimento del suo importante
ruolo religioso, culturale, civico e così pure la vostra preoccupazione per le fatiche che l’Istituto sta vivendo:
questa innegabile prova di affezione è di grande conforto per tutti noi, innanzitutto per le care
consorelle della Congregazione del Santissimo Sacramento di Fognano!
È innegabile che la storica presenza delle suore di Fognano, con la loro costante generosità e dedizione,
abbia avuto e continui ad avere un ruolo straordinario, ma sarebbe scorretto se non facessi cenno al fatto
– come già fatto in altre sedi – che la situazione di fragilità dell’Istituto Emiliani non può più essere
sottovalutata: la stupefacente vastità della proprietà – sovraccarica di gravosi vincoli artistici e gestionali
– e le sempre più esigenti e costose normative che regolano le attività commerciali di ospitalità ed educative
hanno reso nelle attuali condizioni estremamente onerosa e vulnerabile la sostenibilità economica
dell’Istituto, soprattutto se si pensa che è tutta sulle spalle di una comunità di consorelle che – seppur
ineguagliabili nella loro abnegazione – è vieppiù piccola, oltre ad essere resa sempre più gracile dall’avanzare
degli anni.
Ignoro a chi far risalire la chiacchiera della definitiva chiusura del convento e ignoro il perverso motivo
per cui lo faccia. La mia unica preoccupazione – che è anche quella del confratello che si occupa direttamente
della gestione, fra Vincenzo Benetollo – è quella di fare di tutto, sino a che i competenti superiori
ecclesiastici lo riterranno opportuno, per rendere possibile ed efficace un lavoro di profondo riordino
economico-gestionale e un lavoro di accorto ripensamento delle attività dell’Istituto al fine di giungere –
con l’aiuto del Signore e di tutti coloro che sono di buona e generosa volontà – a ridefinirne il ruolo
sempre ovviamente a servizio del popolo di Dio, ma più a misura delle reali forze della comunità delle
consorelle.
È certamente, questo, un momento di indubbia sofferenza, di cui tutti farebbero volentieri a meno, e
certamente la strada che abbiamo intrapreso è assai faticosa, ma – ahimè – come suggerisce la saggezza
popolare, il medico pietoso fa la piaga verminosa.
Nella speranza di avere presto l’occasione di accogliere le più numerose e ferventi disponibilità ad aiutare,
porgo a tutti i miei cordiali saluti e invoco su tutti la benedizione del Signore.
Scritta a Milano nel convento di Santa Maria delle Grazie,
il 21 settembre 2020
fra Fausto Arici, o.p.
commissario apostolico
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Nostra risposta:
Rev. Fra Fausto Arici, o.p., Commissario Apostolico,
la ringraziamo per la sua sollecita risposta, che tuttavia, contrariamente a quanto speravamo, ha aumentato, anziché acquietare, le nostre preoccupazioni in merito al destino della comunità di Fognano e dell’Istituto Emiliani.
Al di là delle esplicite dichiarazioni, ci pare, infatti, di cogliervi un’attenzione prioritaria agli aspetti economico-finanziari, a scapito di un progetto di rilancio premuroso e lungimirante.
E se da un lato siamo indubbiamente all’oscuro di molti dettagli, anche importanti, di tale vicenda, che ci formerebbero un’opinione più compiuta, d’altro canto non ci mancano l’intelligenza e la cultura per avvertire il timore che prevalgano in questo momento umori, ragionamenti ed interessi più distruttivi che rigenerativi.
Non possediamo certamente competenze specifiche in ambito di bilanci e management, ma, dal nostro punto di vista, ci colpisce in particolare, nella sua lettera, il passaggio in cui cita il noto adagio popolare il medico pietoso fa la piaga verminosa.
Come medici, per scelta e per passione (per vocazione, si potrebbe dire) abbiamo imparato giorno dopo giorno quanto ingannevole sia tale proverbio. Perché è vero esattamente il contrario: la pietas, e l’empatia, e l’amore sono gli strumenti della cura.
Viceversa saremmo solo dei meccanici che cercano di aggiustare una macchina rotta.
Ma di queste figure (ahinoi tutt’altro che rare anche nella nostra professione), la gente è ormai stanca. Perché la cura, per poter guarire realmente, non può prescindere dall’ascolto e dalla comprensione.
Per fare ciò il medico deve, allora, spogliarsi della propria illusione di onniscienza e onnipotenza, per incontrare il paziente nella realtà e nella dignità del suo corpo e della sua persona. E compiere con lui un cammino condiviso.
Senza di questo saremmo soltanto dei mestieranti.
Non lo auguriamo a nessuno.
Andrea Vicenzi, Domenico Gruosso, Laura Napoleone, Anna Maria Rusconi, Paolo Villa, Tiziano Lenzi
Manuela Brighenti
3 giorni fa (un commento)
L'Istituto Emiliani di Fognano (RA) non deve chiudere, è un luogo di pace in un mondo confuso, un faro nella notte della vita, un luogo in cui far pace con Dio, con se stessi e con il prossimo...
Le suore sono speciali, discrete, piene d'amore per Dio e fedeli al 100% a Lui, sono pienamente coerenti con il loro carisma, sanno dare affetto conforto e speranza a chi è nel bisogno, sono state e sono un punto fermo di riferimento per tante generazioni, non hanno mai risparmiato forze ed impegno nell'aiuto al prossimo, credono fermamente in ciò che fanno, non si risparmiano in nulla, sono semplici, accoglienti, umili, amano la verità che è sempre presente in tutto ciò che pensano fanno e dicono.
Sarebbe davvero un peccato non poter più contare su di loro che tanto bene hanno fatto e potrebbero continuare a farne.
i medici: "Convento Emiliani, luogo unico"
Pubblicato il 21 settembre 2020
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