INTRODUZIONE
Nella Grande Casa 2 continuo il percorso attraverso gli anni dentro al Convento con notizie spicciole e testimonianze, raccolte negli anni 90, che rimettono in luce momenti di vita divenuti storici.
Comincio dal 1940, quando venti di guerra ricominciarono a soffiare drammaticamente, anche a Fognano.
INDICE. La colonia tripolina/In Libia, l'illusione del Posto al Sole / 1943 Il bombardiere caduto alle Marche/ Lo sfollamento/ Gli sfollati di Villa Verde / Il convento nella bufera della guerra/ Quel 25 settembre del 44/ Saltano i ponti/ I tedeschi se ne vanno/ Dalle granate al bombardamento/
LA COLONIA TRIPOLINA
***Nel 1941 c'era nel convento una colonia Tripolina e ci fu una nascita. Al battesimo chiesero la presenza di due bambini in divisa fascista. Ci andarono mia figlia Pierina, che aveva circa tre anni, vestita da Piccola Italiana e Wolmer Sangiorgi vestito da Figlio della Lupa.
(Angelina Fabbri Piancastelli)
***Dalla testimonianza della professoressa Maria Mattioli, Direttrice della Colonia
"La signora che battezzò il bambino era arrivata da Tripoli incinta al seguito dei suoi tre figli che facevano parte di un gruppo di mille bambini dai 5 ai 15 anni. Metà erano maschi e metà femmine. Erano stati mandati in Italia dalla Libia quando i Francesi e gli Inglesi cominciarono a premere. Erano tutti figli di Italiani emigrati e qualcuno di essi aveva con sè la sorella o la mamma. C'erano anche altre donne che dovevano assisterli. Venivano dai dintorni di Tripoli dove molti Italiani erano andati per dissodare la sabbia e renderla produttiva.Quando arrivarono a Ravenna, questi mille bambini più le loro accompagnatrici, furono sistemati nelle coloniemarine del litorale, perchè si pensava che la guerra sarebbe durata poco e che durante l'estate si risolvesse tutto. Dalla direzione dell G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) erano state assunte circa 80 persone per accudirli. Naturalmente le colonie marine erano prive di riscaldamento e, quando venne l'autunno, si rese necessario trovare un'altra sistemazione. Le 500 bambine furono mandate a Seregno di Genova, ma per i maschi non si conosceva una struttura tanto grande da poterli ospitare. Fui proprio io che proposi il Collegio Emiliani. Lo conoscevo perché ci ero stata interna. Mi ero diplomata, poi iscritta al Magistero e ci avevo insegnato dal1937 al 1939 nella Scuola Media. Il Federale gradì il suggerimento e le Suore accettarono. In pochi giorni feccero erigere un muro nel corridoio del piano terra, che separava la parte finale, dal corridoio che va al Coro fino alla Madonnina. Fu lasciata solo una porticina da dove passavano i carrelli che portavano da mangiare. Nel tratto chiuso, c'erano le tavole e sul lato destro, verso il giardino, c'era una saletta adibita a sala da pranzo per la Direzione. Le vigilatrici mangiavano coi bambini. Le Suore avevano anche fatto chiudere con vetrate le arcate intorno al giardino in modo che i bambini avessero un luogo per la ricreazione. Le camerate erano in tutta la parte superiore. A volte i bambini uscivano dalla porta che dà sulla piazza e andavano in passeggiata verso Ghiozzano. In Aprile le Suore ci concessero di portarli a passeggio nell'orto. Avevamo anche l'Assistente Sanitaria e ci siamo stati bene, anche come salute.
'Segue la testimonianza della Professoressa Mattioli
IN LIBIA: L' ILLUSIONE DEL " POSTO AL SOLE"
***I lavoratori Italiani erano stati mandati in tre villaggi a ognuno dei quali era stato dato il nome di un martire fascista (Villaggio Bianchi, Villaggio Emaldi, Villaggio...). Ogni villaggio era formato da tante casette, tipo quelle della Riforma Agraria qui da noi. Erano forniti di tutto. C'erano anche la scuola e la chiesa e c'erano già stati piantati degli alberi.Gli emigranti avevano trovato la casa completa anche di mobili, un quintale di farina a famiglia, riso e pasta per un mese. Poi avrebbero dovuto arrangiarsi. Avevano delle vasche immense dove raccoglievano l'acqua per irrigare. Si alzavano verso le tre del mattino e lavoravano fino alle 10. Di sera, verso le 8, irrigavano, perché questa 'terra del sole', questo 'Posto al sole' doveva essere coltivato e rendere.
Ricordo che una volta venne in visita Il Federale e alcune donne Fognanesi vennero a protestare perchè non avevano notizie dei loro mariti in Africa. Erano state promesse loro tante cose: che avrebbero sempre avuto notizie, che li avrebbero rimandati presto e invece... Ci fu un po' di sommossa, avemmo un po' di paura. Le donne piangevano, fu un fatto molto triste.
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La grande battaglia aerea del 25 aprile 1943
Una formazione alleata di fortezze volanti proveniente da sud-est venne intercettata da caccia tedeschi sulle colline appenniniche a sud di Forlì. L’attacco dei caccia tedeschi fu rapido e nel giro di pochi minuti due bombardieri precipitarono, uno vicino a Palazzuolo sul Senio, l'altro si schiantò sulle pendici del Monte di Visano, presso il podere Marche, vicino a Fognano. Dei dieci uomini dell’equipaggio, otto ebbero il tempo di lanciarsi col paracadute, mentre per due, colpiti dalle raffiche tedesche, non ci fu nulla da fare. I superstiti atterrarono ma furono catturati anche se in momenti diversi. Pare che uno di essi fosse salvato dai partigiani di Corbari. Gli americani persero sei bombardieri, i tedeschi quattro caccia , ma tra di loro ci fu solo un morto che cadde col suo aereo vicino a San Cristoforo.
Molti Fognanesi accorsero sul luogo del disastro. Il bombardiere era esploso e i frammenti dell'aereo erano sparsi su tutto il fianco del monte. I poveri resti dei due morti, furono raccolti dal becchino Ceroni e da Melandri, padre del professor Giuseppe Melandri, portati al cimitero e sepolti..
C.C.
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*** Nel 1943 quando un bombardiere inglese cadde di là dal monte, alle Marche, si sentì nell'aria un fischio tremendo. Io ero all'asilo, ci fu del caos , della confusione e qualcuno, forse per proteggergi non capendo cosa stava accadendo, ci spinse dentro lo sgabuzzino delle scope. Quello sgabuzzino era sempre stato lo spauracchio di tutti i bambini. Era nero, c'era odore di umidità e di muffa con un acquaio scuro e gli stracci per i pavimenti. Alla fine vennero a prelevarci. Ricordo solo il mio trauma, quella grande paura, perchè mi rendevo conto che fuori c'era qualcosa più grande di me, però c'era qualcosa di pauroso anche lì dentro che mi paralizzava.
(Teresa Albonetti)
***Io ero nelle alunne interne del Convento. Due Suore ci accompagnarono sul luogo dove l'aereo era caduto ed era esploso. Fu molto traumatico perché oltre a esserci rottami sparsi per tutta la vallata, l'erba bruciava ancora e, quel che è peggio, c'erano lo stradino e il necroforo che raccoglievano pezzi di cadaveri infilandoli dentro un sacco nero. Mi sono chiesta per tanto tempo perchè mai le Suore ci avessero portato là e col tempo credetti di capire. Una delle Suore era di Visano, podere non molto distante da quel luogo, e doveva rendersi conto se la casa della sua famiglia era stata colpita.
(Gemma Malpezzi)
*** Nel 1943 quando un bombardiere inglese cadde di là dal monte, alle Marche, si sentì nell'aria un fischio tremendo. Io ero all'asilo, ci fu del caos , della confusione e qualcuno, forse per proteggergi non capendo cosa stava accadendo, ci spinse dentro lo sgabuzzino delle scope. Quello sgabuzzino era sempre stato lo spauracchio di tutti i bambini. Era nero, c'era odore di umidità e di muffa con un acquaio scuro e gli stracci per i pavimenti. Alla fine vennero a prelevarci. Ricordo solo il mio trauma, quella grande paura, perchè mi rendevo conto che fuori c'era qualcosa più grande di me, però c'era qualcosa di pauroso anche lì dentro che mi paralizzava.
(Teresa Albonetti)
***Io ero nelle alunne interne del Convento. Due Suore ci accompagnarono sul luogo dove l'aereo era caduto ed era esploso. Fu molto traumatico perché oltre a esserci rottami sparsi per tutta la vallata, l'erba bruciava ancora e, quel che è peggio, c'erano lo stradino e il necroforo che raccoglievano pezzi di cadaveri infilandoli dentro un sacco nero. Mi sono chiesta per tanto tempo perchè mai le Suore ci avessero portato là e col tempo credetti di capire. Una delle Suore era di Visano, podere non molto distante da quel luogo, e doveva rendersi conto se la casa della sua famiglia era stata colpita.
(Gemma Malpezzi)
*** Era il 1944, l'ultimo anno della guerra, e la scuola comunale non l'aprirono. Alcune mamme mandarono i figli nel convento. Io frequentavo la prima elementare, la mia maestra era suor Teresa Margherita e l'aula era in fondo al primo corridoio. Non c'erano tutti i bambini del '38 come me, loro fecero la prima elementare l'anno dopo quando riaprì la scuola comunale.
(Assunta Benini)
Lo sfollamento nel convento
Testimonianze di Pierina e Margherita Piancastelli
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
***Durante la guerra, le Suore avevano tolto quasi tutte le botti della cantina. Nella prima parte c'erano gli sfollati di Fognano, più avanti c'erano gli sfollati di Faenza e di Bologna poi, in fondo, c'era l'altare dove ogni mattina si diceva la Messa. Qualche volta dietro l'altare portavano i feriti. È lì che portarono anche la sorella di Malvina Tronconi che aveva una scheggia nella schiena. Ricordo ancora le sue urla. Una notte una sfollata mentre percorreva al buio la cantina per andare a vuotare il vaso da notte, inciampò in un letto e l'occupante ricevette in faccia il maleodorante contenuto.
***Era l'autunno del 1944 quando andammo in cantina. L'inverno fu molto piovoso e il pozzo che era laggiù tracimava e l'acqua allagava il pavimento.
Dovettero mettere delle passerelle. Noi dormivamo in cinque su due materassi appoggiati sulle traversine da dove erano state tolte le botti. Sia di giorno che di notte ci accompagnava il rumore della pompa che aspirava l'acqua.
(Pierina )
eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
***Nella cantina non c'era la luce e di sera si accendeva "il cerino". Il pomeriggio lo passavamo a fare i cerini che erano cordoncini fatti di lunghi fili prillati, poi bagnati nella cera fusa e arrotolati a gomitolo. Io lavoravo anche ai ferri. Avevo 7 anni, ero brava a fare le sciarpe e i vestiti alle bambole. Al primo piano c'erano le tavole dove mangiavano gli sfollati. Certi giorni andavo ad aiutare: pestavo 'i manfrigoli' (i manfettini).
***Prima di andare in cantina noi sfollati dormivamo su reti allineate lungo il corridoio a pianterreno. Una notte, non so come, entrò dall'orto il cane Nevoso e spaventò tutti, ma in particolare uno sfollato perchè gli si attaccò alle coperte. Per fortuna Tabacò, che era un operaio dell'orto ed era conosciuto da Nevoso, lo ricondusse fuori e ritornò la calma.
(Margherita )
uuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
***Nei momenti di pericolo si mangiava in cantina a base di castagne bollite e pere volpine cotte insieme a quelle delle Suore. La mia mamma ne dava una cinquantina crude e gliene restituivano altrettante cotte. Avevo 6 anni ed è con quelle castagne e quelle pere che ho imparato a contare.
(Pierina Piancastelli)
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***Al terzo piano c'era sfollata la clinica psichiatrica Villa Verde. Ricordo le urla dei matti. Ho visto anche qualche paziente con la camicia di forza. Fra loro c'era un uomo tranquillo che faceva sempre il giro dell'orto e della montagnola e paralava da solo. Si chiamava Finzi. Una volta mi regalò un tubo con dentro tanti pezzetti di vetro colorato, un caleidoscopio.Credo che l'avesse fatto lui. Chissà perchè lo regalò proprio a me.
(Bianca Serasini)
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Gli sfollati di Villa Verde di Bologna
Era già caduta una bomba nel Parco di Villa Verde quando la Superiora decise di sfollare pazienti e Suore nel Convento di Fognano. Qui, dove avevano cercato la sicurezza gli ammalati con l'americano dottor Fallas, un aereo sganciò le bombe che uccisero tre delle nostre Suore e ne ferirono altre trasformando la cucina in una terribile scena di sangue.Ai primi di maggio del 1944 fu necessario chiudere l'anno scolastico. Un vasto reparto del Convento viene ceduto alla Congregazione di Carità di Faenza per accogliere gli ospiti del Ricovero colpito leggermente ma già esposto a successive incursioni. In mezzo agli allarmi continui dovuti agli aerei anglo-americani e alle repressioni spesso sanguinose delle fazioni politiche e delle truppe tedesche, si vive in continua ansia. Il 5 agosto, in seguito ad una atto terroristico compiuto dai partigiani contro i tedeschi insieme ad altri, viene preso in ostaggio anche il cappellano del convento, don Vincenzo Cimatti. Per fortuna dopo tre giorni venne liberato. Intanto l'avvicinarsi del fronte è rivelato dalle frequenti incursioni aeree che non risparmiano neanche i piccoli paesi. Lunedì 25 settembre, mentre la maggior parte delle Suore sono in refettorio e altre in cucina, alcuni caccia bombardieri sganciano 6 bombe sul paese. La prima bomba colpisce la cucina del convento abbattendone il muro di sud-ovest devastando l'interno. I danni sono gravi anche per la rottura di molti vetri e lo scardinamento delle porte, ma questi sono poca cosa se paragonati alle vittime.
Nella sventura non ci si perde d'animo. Si sgombrano i piani superiori e si allestisce uno spazio maggiore nelle catacombe e nelle cantine. Le corsie dei due corridoi a pianterreno diventano due immensi dormitori adatti a contenere anche gran parte della popolazione del paese che, di continuo, chiede rifugio. Bombe non ne vengono più sganciate, ma il cannoneggiamnento dura quasi ininterrotto dalle 23 alle 6 e 60 del giorno seguente.La facciata viene crivellata dalle schegge, il corridoio del secondo piano e una camerata attigua, vengono scoperchiati, la maggior parte dei vetri del pianterreno e delle vetrate dei balconi infrante, il cancelletto della chiesa divelto, la cancellata e il parapetto gravemente danneggiati, la facciata della chiesa crivellata e i vetri frantumati. Il 17 ottobre alle ore 18, una granata cade inaspettatamente nel cortile interno detto "deserto" mentre le suore e una ventina di educande, che erano sotto il portico del cortile, si erano allontanate per la cena.. Bastava un ritardo di pochi minuti e sarebbe stato un disastro. Una scheggia entra da una finestra del corridoio e colpisce al petto una suora che muore sul colpo. Allora si crede necessario barricare porte e finestre, sgombrare le parti più esposte ed occupare permanentemente le cantine poichè il cannoneggiamento si va facendo più intenso. Nella notte stessa una granata di grosso calibro cade sul teatro distruggendolo quasi per intero.
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Il Convento nella bufera della guerra
Credo che pochi conventi siano stati legati alla vita del paese in cui sorgono come il Convento di Fognano. Ciò si è verificato nei periodi normali ed anche nei momenti eccezionali. Se durante la prima guerra mondiale il Convento fu sede di un ospedale militare, durante la seconda guerra mondiale, particolarmente negli anni 1944/45, esso visse direttamente il dramma della popolazione coinvolta nelle violenze e nella distruzione. Dapprima i bombardamenti delle città fecero sfollare nel Convento la Casa di Cura Villa Verde di Bologna, poi l'estendersi dei bombardamenti nelle città minori vi fece affluire, nella tarda primavera del 1944, la Casa di Riposo di Faenza con circa 300 ricoverati e tutto il personale. Il Collegio e le scuole parificate avevano ormai smobilitato e la situazione, causata dall'avvicinarsi del fronte di guerra e con questi nuovi impegni, la funzione del Convento nell'emergenza sembrava già notevole. Ma nell'autunno del 1944 la situazione precipitò con la presenza delle truppe tedesche che, nel tentativo di tenere le posizioni, gravavano sempre più la mano sulla popolazione, mentre sull'Appennino le formazioni partigiane facevano sentire la loro azione. Intanto le truppe alleate premevano ormai dal sud dell'appennino verso la Romagna. E così da parte tedesca e fascista vi era lo stillicidio dei bombardamenti e delle espropriazioni, mentre da parte alleata si intensificavano bombardamenti e cannoneggiamenti.
Il Convento dunque divenne rifugio di molti giovani che volevano sottrarsi all'arruolamento forzato nelle file fasciste, e di intere famiglia che non si sentivano sicure nelle proprie case. Il fenomeno divenne imponente nel primo bombardamento del paese, anche se il Convento aveva riportato i maggiori danni materiali e umani con la morte di tre suore, fra cui la Madre Teresa Maddalena Naldi, figura eminente nella storia della comunità domenicana.Tra l'autunno e l'inizio dell'inverno del '44, la vasta cantina, il piano terra e parte del primo piano diventarono rifugio di centinaia e centinaia di persone, con tutti i sacrifici e gli inconvenienti che tale situazione comportava, per il cibo, per i vari servizi, senza energia elettrica e quasi isolati dal resto del mondo. I medici di Villa Verde e le Suore facevano il possibile, ma tutto era difficile, anche per l'incertezza del domani. Eppure c'erano momenti di serenità come nelle lunghe serate,trascorse nel corridoio centrale al lume delle candele, in conversazioni assai partecipate prevalentemente di carattere religioso. Benchè ogni tanto l'arrivo di una granata interrompesse il discorso, ci si sentiva abbastanza sicuri dietro i grossi muri di sasso e le illusorie barricate di materassi alle finestre.C'erano poi i momenti indimenticabili della Messa nel coro inferiore. La preghiera diventava partecipazine e vero colloquio con Dio.
A metà circa di dicembre le forti esplosioni che scossero tutto il paese annunciarono la distruzione del ponte di Ghiozzano e del ponte di San Pietro, ma anche la ritirata da Fognano delle ultime truppe tedesche. Fu come la liberazione di un incubo e ci si riversò all'aperto, ma solo per constatare i danni e le distruzioni. Per il paese e per il Convento non era certo finita.Tuttavia quella convivenza forzata nella cantina e fra le mura del Convento era stata un'esperienza significativa. Si aveva la conferma che le Suore erano pronte ad aprire la casa a chiunque ne avesse bisogno senza chiedere nulla, e si era capito che si poteva vivere gomito a gomito con tante persone, anche sconosciute, con spirito di comprensione e collaborazione.
(don Vittorio Bucci allora cappellano della sfollata Casa di Riposo)
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Quel 25 settembre del 1944
Era un giorno di guerra come gli altri. Ormai eravamo abituati alle notti fiorite di bengala e ai giorni densi di tuoni e di rombi lontani. Nel paese poche persone frettolose avevano lasciato le cantine dove avevano cercato rifugio e sicurezza nella notte e andavano rapide sbirciando il cielo insidioso solcato così spesso da argentee squadriglie di aerei. Minghina del Caffè era affacciata alla sua finestra che si apriva, allora, al secondo piano sul cortine dei Ceroni. Di fronte a lei, da un'altra finestra, era affacciato un omino che io ricordo appena e che chiamavano "e Serté", il Sartino. Intimoriti da un rombo che si avvicinava esploravano il cielo. Era stato dapprima un ronzio lontano, poi si era fatto più forte, assordante. Improvvisamente dai tetti sbucarono gli aerei che sembravano sfiorare e tegole. Subito dopo un tuono d'inferno " Che cosa succede oggi?" gridò Minghina all'indirizzo "de Sert", ma fece appena in tempo a vederllo sprofondare dal vano della finestra, scomparire come inghiottito dal palazzo che crollava.Inghiottito era stato, infatti,e si trovò quasi illeso al primo piano. Nello stesso palazzo Lisetta Cantoni ci rimise una gamba nella tromba delle scale che le crollavano sotto. La mia mamma ed io stavamo tornando dal forno con la sporta del pane. Giunte di fronte alla caserma ci trovammo sopra gli apparecchi che sembravano sovrastare di poco i tigli del viale. Corremmo a stenderci a terra dietro la casa Bassani. Vedemmo le bombe sganciarsi e una di esse scivolare in obliquo sopra le nostre teste e scomparire oltre la facciata del convento. Un boato e una colonna di fumo.
Corremmo ad infilarci nella strada del Molino per raggiungere la Fontanella dove eravamo sfollate. Dalla curva della Locanda vedemmo il palazzo della Piazza confuso in una nuvola di polvere. Madre Adolfa degli "sfollati di Villa Verde" era scesa dal terzo corridoio con una consorella. Insieme erano andate in cucina a prendere da mangiare per i ricoverati. Stavano risalendo le scale quando udirono lo scoppio. Appoggiarono le pentole sui gradini e ridiscesero a precipizio. Nella cucina trovarono il finimondo.Suor Margherita coperta di polvere usciva dalla cucina gridando: " Ci sono delle suore morte! Ci sono delle suore morte!"La Madre Superiora Suor Teresa Maddalena Naldi era andata in cucina dove stavano mettendo a posto il pane. Stava assaggiando un biscotto quando la morte le fu portata dal fragore dello scoppio e una scheggia le si conficcò nella testa. La cucina era un caos di macerie e la Madre Naldi aveva ancora una scintilla di vita negli occhi. Suor Giuseppina Bertoni, colpita in pieno, aveva avuto la testa squarciata. Soltanto il viso era intatto, come una maschera vuota. Suor Luisa, sua sorella uscì nel corridoio e come inebetita, tenendo fra le mani le cocche del grembiule e mostrandone il contenuto alle consorelle, andava ripetendo: "Il cervello di Suor Giuseppina...".Era schizzato via lontano e lei lo aveva raccolto. Suor Rosa Cecilia giaceva sotto un cumulo di macerie. Era cosciente e muoveva ancora le gambe. Morì dopo pochi giorni. Suor Maria Colomba ebbe una gamba spezzata e la vedemmo zoppicare per tanti anni nel suo ufficio di portinaia.
Tutte le Suore furono chiamate nel corridoio, sotto la campana, e don Vittorio Bucci fece l'appello. Un militare gridò:"Sgombrate! Sgombrate tutte, altrimenti prima di sera farete la fine della vostra Superiora!" Ma le suore atterrite e piangenti si rifiutarono di lasciare la loro casa. Gli aerei non tornarono. Probabilmente avevano sbagliato i loro obiettivi e seminato il paese di inutili lutti. Oltre il dolore e lo sbigottimento, la paura non mise infuga le bianche suore del nostro Convento, che continuarono a dar asilo a centinaia di persone e a decine e decine di uomini che dovettero a loro se poterono sfuggire ai frequenti rastrellamenti.
Ada Ciani
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Saltano i ponti
***Prima della ritirata i Tedeschi volevano far saltare anche il mulino. Suor Ambrogia, che era all'Ospedale Santa Caterina dov'erano anche i Cronici, andò al comando militare e disse. "Se fate saltare anche il mulino, che cosa do da mangiare a questi vecchi?" Allora lasciarono stare. Io dal mulino vidi saltare tutti e tre i ponti contemporaneamente. Dopo la guerra la campagna era tutta abitata. I contadini andavano al mercato a vendere gli animali, soprattutto polli, conigli e uova. Quando ritornavano su, si femavano allo Spaccio dove vendevo di tutto, dai generi alimentari al petrollio e al carburo e compravano baccalà e aringhe. Ho venduto perfino un mastello di aringhe in un sol giorno. Per le Suore le cose occorrenti veniva a comprarle la Rosina Lanetti.
(Stefano Gondoni, Nino)
*** Era il 1944, l'ultimo anno della guerra, e la scuola comunale non l'aprirono. Alcune mamme mandarono i figli nel convento. Io frequentavo la prima elementare, la mia maestra era suor Teresa Margherita e l'aula era in fondo al primo corridoio. Non c'erano tutti i bambini del '38 come me, loro fecero la prima elementare l'anno dopo quando riaprì la scuola comunale.
(Assunta Benini)
I TEDESCHI SE NE VANNO
***Il 25 settembre del 1944, alle cinque del mattino, i tedeschi lasciarono il Convento. Prima di partire, il loro cappellano disse alla Madre di esporre sul campanile un lenzuolo con dipinta una croce rossa,, perchè qui da noi c'erano i malati dell'Ospedale Civile di Faenza e della Villa Verde di Bologna, e i cronici di Faenza. Circa alle 13 dello stesso giorno vennero a bombardare. Non eravamo riuscite in tempo a mettere la croce rossa. Dopo il bombardamento vennero gli inglesi a ispezionare e dissero che la loro intenzione era quella di bombardare l'edificio di fronte (ex scuola elementare) dove c'erano i tedeschi.
(suor Maria Francesca)
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Tempo di guerra in Convento
Originariamente Monastero di clausura, poi Educandato, oggi (Nota: questo articolo è stato scritto nel 1978) Casa per Ferie e di spiritualità .Dal novembre del1915 al luglio del 1919 il Monastero-Collegio venne adibito a Ospedale militare e le Monache, che prima si dedicavano all'educazione e istruzione della gioventù si misero al servizio dei soldati infermi.
Da una "lettera aperta"del Capitano Medico Guido Nerli a Suor Teresa Maddalena Naldi
"Il loro bel convento, Sorella, si è chiamato Ospedale Militare di Fognano per ben quattro anni. Lei e le Sorelle sue non si mossero dal loro posto. E fu un vero posto di combattimento! Nei primi mesi, tolte repentinamente alla vita claustrale, che molte di loro praticavano da parecchi anni, conobbero l'arrivo tumultuoso e inaspettato dei feriti. In seguito gli arrivi furono meno tumultuosi, meno inaspettati, ma il numero dei ricoverati cominciò a crescere, a crescere. Madre, ricorda quel Generale che voleva assolutamente si arrivasse a mille letti? Ricorda Sorella, quando l'ospedale, ai primi del 1918 fu improvvisamente e senza formalità alcuna, trasformato in Convalescenziario per Malarici? Ricorda l'arrivo, con un unico treno alle due del mattino, di quegli Ottocento militari che Ella ben battezzò "Diavoli scatenati"? L'Ospedale divenne allora una specie di Caserma, ed io non so davvero cosa sarebbe avvenuto se lo scatenamento di quei Diavoli non avesse urtato, come contro insormontabile barriera, nella Loro serenità, nella Loro modestia, nella Loro angelica bontà, che impose più che rispetto, venerazione."
Chi ha vissuto e ricorda quel triste periodo conserva impressa nella mente la desolazione della Montagnola, in cui era rimasto, muto testimone di una tradizione ormai secolare, il cedro del Libano insieme con qualche raro pino. La restante area era coltivata a patate, mentre nel cortile erano disposti servizi igienici e latrine. Credo sia abbastanza facile immaginare con quanta fatica e quali sacrifici nel dopo-guerra sia stato possibile riaprire l'Educandato Emiliani. Nel 1922, al momento della riapertura, questo accoglieva le giovani che desideravano attendere agli studi e alle arti e le giovani, per lo più orfane di guerra, che venivano indirizzate all'apprendimento di un mestiere. Sempre nel periodo fra i due conflitti mondiali, il Collegio fu affiancato da una Scuola di Lavoro frequentata da molte giovani esterne e non mancavano inoltre altre attività.
Durante la seconda guerra mondiale ( Nota: dal1940-1945) ed in particolare nella fase della Resistenza tutto il Collegio fu mobilitato. Tra Suore, Orfane, abitanti di Fognano e dintorni, persone anziane del Ricovero di Faenza e degenti della Casa di cura di Villa Verde (Bologna), era veramente come un piccolo grande mondo cementato da un senso profondo di solidarietà, messo a nudo nei suoi sentimenti più veri ed umani dalla guerra, da una guerra fratricida e disumana. Tedeschi, Inglesi, Polacchi, Indiani, Americani ed anche qualche Ebreo hanno trovato rifugio tra queste mura, oppure sono stati ospiti più o meno graditi. E, come si suol dire, si faceva di necessità virtù: si mangiava sotto le logge, si dormiva nei corridoi ed in cantina, disponendo le reti sopra le botti, si dormiva perfino nelle catacombe, sempre con la dolce compagnia delle pulci...
Nel cortile erano allineati i carri armati. Le persone anziane rievocano, con il sorriso sulle labbra, l'arrivo in convento dei Tedeschi; i cronici del Ricovero di Faenza, entrarono tra colpi di tosse facendo mostra della loro non più giovane età...Si dice pure che le SS avrebbero voluto veder morta la Priora, Suor Teresa Mddalena Naldi, perché aveva offerto ospitalità a tutti.
Data la varietà di persone, non mancava neppure la nota allegra. Resta indimenticabile un tale che, mentre passeggiava meditabondo nel corridoio, declamava:" Nel mezzo del cammin di nostra vita,/ son più buoni i maccheroni delle lasagne..."
In seguito al bombardamento aereo del 25 settembre 1944, doloroso e drammatico fu per il Monastero-Collegio l'epilogo della guerra. E come si strinse il cuore anche quando si venne a sapere che quasi tutti i giovani soldati della Divisione Friuli avevano trovato la morte a Zattaglia!
Chiudiamo queste note ricordando come i Tedeschi mostravano commossi alle Suore le fotografie dei loro cari dicendo:"Hitler...che barba voler sempre la guerra!": appello alla pace, sempre attuale.
Che scivolate facevamo nei corridoi quando non ci vedevano le Suore! Una si accovacciava e altre due la tiravano. Si scivolava bene perché avevamo le scarpe coi ferri piatti e ricurvi inchiodati nei punti dove la scarpa si consumava di più. Io avevo anche le bollette...Quando si doveva camminare normalmente, era un problema stare in piedi e occorreva procedere con cautela, come se si camminasse sulle uova. Erano i tempi grami del periodo bellico e le scarpe dovevano durare a lungo.
(Ada Ciani)
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