Alcuni dati sul nostro Convento
L'Istituto Emiliani è veramente una GRANDE, ENORME CASA ed è stato, attraverso gli anni, anche una VERA, ACCOGLIENTE CASA. E come una casa ha offerto rifugio, svago, lavoro, ospitalità, riparo e apprendimento a chi ha bussato al suo portone. Ha attraversato due guerre, ha visto figure di Madri e di Suore straordinarie, è stata un faro nel buio della miseria del paese e dei dintorni. Ha condotto per mano tanti bambini, specialmente bambine, dall' Asilo alla giovinezza ed oltre.
Ho deciso di scrivere qui parte delle testimonianze orali che raccolsi nei primi anni 90 da Fognanesi che, a vario titolo, avevano visto o vissuto ciò che mi raccontavano. Non vuole essere la storia del Convento, che molti conoscono già e che è facilmente reperibile, ma un mosaico di notizie su ciò che là dentro si è svolto e che rende il nostro paese orgoglioso e riconoscente.
Una curiosità
Con il Concilio Vaticano II (1962-1965), la Chiesa scelse di chiamare ogni nuova suora col suo nome di battesimo. Il sistema precedente di dare nomi nuovi aveva un significato dal punto di vista religioso perchè cambiare nome era come cambiare vita. Nella vita civile e nella burocrazia, però, creava disguidi. Infatti i documenti andavano redatti e firmati col nome da laica. La decisione del Concilio ha semplificato le cose.
(Suor Marisa)
L’ immenso edificio occupa una superficie di tredici mila metri quadrati e si articola in corridoi di ben centosettantadue metri di lunghezza
Alcune date
La Fondazione del Convento risale al 1822
La Scuola Media e l'Istituto Magistrale, anche se non legalmente riconosciuti, iniziarono nel 1938.
La Scuola Materna esisteva già nel 1926 e le Scuole Elementari nel 1922
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INDICE: Prima guerra mondiale/ L'ospedale militare/ la bandiera tricolore sul campanile/I lastroni/ Il convento in miseria/Vendita degli appartamenti esterni del Convento/ Un pizzico di storia per spiegare i fatti/ Scuola per ragazze di buona famiglia/ La grotta della Madonna/ Bimbi grandi prima del tempo/ Una perenne scuola di ricamo/ Dal cimitero alle catacombe/ Attività di Suore/ E sbobon/ La festa del restauro/ Il ricostituente: olio di fegato di merluzzo/ I custodi/ Le massaie rurali/ All'asilo con scarsi mezzi/ Al lavoro nel Convento/ 1939 l'anno delle frane- Donna Rachele a Fognano/ Il giuramento del Balilla/ / L'organizzazione del lavoro nelle educande
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Prima guerra mondiale
***Durante la prima Guerra Mondiale, Le Suore avevano dato ospitalità a un Ospedale Militare. Tra i militari ammalati c'era anche il mio babbo e, insieme a lui, due suoi intimi amici: Il cappellano militare Budelazzi e don Pezzi. Budelazzi divenne poi vescovo e don Pezzi monsignore ed è stato tanti anni a Brisighella. Budelazzi desiderava vedere mia sorella che era nata nell'aprile del 1915. Gliela portammo e quando lui la prese in braccio,forse per l'emozione, gli fece la pipì addosso. Ancora dopo 60 anni, in un nostro incontro, ricordava questo fatto che lo aveva divertito.
(Davide Gondoni)
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*** L'l'ospedale di guerra era nel solaio, un locale grandissimo dove erano stati ricoverati i soldati ammalati o feriti. Nei muri ci sono ancora i ganci per le mensoline che erano accanto ad ogni letto e c'è ancora lo stesso intonaco. C'erano oltre 70 letti. In un buco, trovai una cartolina militare scritta, ma non si riusciva più a decifrare l'indirizzo. Chissà perchè non fu spedita
(Bandini Carlo,detto Carletto)
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La bandiera tricolore sul campanile
***La prima volta che il mio babbo da Sant'Eufemia mi portò con sè nel cavallo per andare al mercato di Brisghella, attraversando Fognano vidi una bandiera tricolore sulla cima del campanile della chiesa del convento. Pensai:- Com'è bello Fognano! Che bel campanile e che bella bandiera!- Era il 1918 e nel convento c'era l'Ospedale Militare.
Avevo 12 anni quando il mio babbo, nel 1918, comprò il mulino di Fognano e ci trasferimmo qui dal mulino di Sant'Eufemia. Le Suore erano nostre clienti. Facevano la provvista del grano e lo mettevano nei solai. Da giovanotto andavo a prenderlo con mio fratello. Passavamo dal portone dell'asilo e, siccome del traffico non ce n'era, lasciavamo lì il biroccio col cavallo e portavamo giù i sacchi sulle spalle. Lo macinavamo e riportavamo la farina.Di solito erano 15/16 quintali ogni volta. Era una bella faticata!
( Stefano Gondoni detto Nino dello Spaccio)
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Il Convento in miseria
***Il mio babbo fu chiamato militare e non ritornò più. La mamma rimase vedova con due bambine. Saranno 72 anni il giorno dei Santi che ho lasciato Monte Mauro per questa Casa. Allora avevo 11 anni. Il Convento era brutto, tutto rovinato dai soldati. Da principio ho pianto tanto, ci stavo male. Ero abituata a mangiare come si poteva nella mia famiglia, ma la minestra la mia mamma la faceva tutti i giorni in casa e qui invece ci davano della minestra stantia, vecchia e cattiva. E così anche il resto. Le Suore avevano della miseria . Raccontava una consorella che la Madre Naldi, quando la elessero Priora, trovò solo un mastellino di marmellata e 5 lire nella cassa.
Le orfane, come me, aumentavano perchè gli altri Collegi le mandavano qui perché volevano riunirle. La Prefettura di Ravenna ci pagava la retta ma a tutto il resto doveva pensarci la mia mamma che, nel frattempo, era andata a servizio. Dopo i 16 anni, ho cominciato a pensare di dedicarmi al Signore. Lo desideravo tantissimo. L'ho detto a 19 anni e a 21 mi hanno fatto entrare nelle Suore.
( Suor Giuliana)
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Il Collegio Convitto Emiliani fu adibito ad Ospedale Militare dal 1915 al luglio 1919 . Le monache, che prima si dedicavano all’educazione e all’istruzione delle ragazze, si misero a disposizione dei feriti di guerra. Per nutrire i ricoverati sacrificarono anche la Montagnola dove furono piantati patate e fagioli. Dopo la guerra ci fu un periodo di crisi profonda riguardante l' economia e la finanza. Con molti sacrifici e con l’aiuto del cardinale Michele Lega e del Pontefice Benedetto XV riuscirono a superarla.
I LASTRONI
***Subito dopo la prima guerra mondiale i corridoi, che erano di lastroni, col passaggio delle camionette militari, erano ridotti in maniera pietosa. Si sollevava una polvere rossastra e anche i panni stesi erano sempre rossastri. Le luci non erano collegate una all'altra. Bisognava accendere una luce e tornare indietro a spegnere la precedente.La sera ogni Suora teneva in mano ' il cerino' che era un cordone imbevuto di cera, avvolto a gomitolo. Accendeva il capo del cordone e si serviva di quella fiammella nei luoghi più bui.
Avevo solo 4 anni quando entrai nel 1923. L'educazione e la disciplina erano militaresche. C'erano una cinquantina di Suore. Io ho sempre ringraziato il Signore di essere stata educata nella severità.
(Suor Teresa Caterina )
***Nel cortiletto di entrata al Convento, c'erano due file di lastroni com'erano una volta in mezzo al paese. Dopo il 1920 li levarono e ci piantarono le quattro palme, ora altissime, che allora erano alte un metro.
(Giannina Montuschi)
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La vendita degli appartamenti
***Nel 1919, quando le Suore iniziarono la vendita degli appartamenti che danno su Via Emiliani (allora Via Educandato), la mia famiglia fu la prima a comprarne uno. Ricordo che lo pagammo 282 lire e il rogito fu fatto con un certo conte Baldeschi di Perugia. Nel carteggio di mio nonno ho ancora la ricevuta.
(Davide Gondoni)
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Un pizzico di storia per spiegare i fatti
Nel 1861, quando avvenne l'unificazione del Regno d'Italia, il debito pubblico ammontava a 2450 milioni di lire. Quattro anni dopo era più che raddoppiato. Con la terza guerra di indipendenza, per la liberazione del Friuli-Venezia Giulia, il deficit complessivo dello Stato, passò dal 47 al 60 %. Il governo fu costretto a tagliare le spese e ad aumentare le tasse e le entrate in genere. Fu così che il 7 luglio del 1866 emanò una legge con la quale sopprimeva tutti gli ordini religiosi confiscandone i beni. Fu un momento di grave pericolo per Il convento Emiliani. "Ma la virtù di alcune religiose altrettanto pie quanto ricche, ne rivendicava la proprietà e ne rendeva floridissima e sicura l'esistenza" (dal libro ' Fognano in Val Lamone' di C. Mazzotti.)
Nel 1912, sotto Giolitti, corse voce che dovesse venire un altro incameramento di beni da parte dello Stato. Per salvare la parte esterna, la Madre Michalowsca fu consigliata di rivolgersi a una persona che, con atto pubblico, dimostrasse di divenirne proprietaria. Rispondeva al caso il nipote N.H. Conte Ludovico Baldeschi di Perugia che, in una scrittura privata, dichiarava poi di aver fatto da prestanome, ma che la zia restava la vera proprietaria del Monastero.
(Davide Gondoni senior)
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La scuola per ragazze di buona famiglia
***A 16 anni, nel 1929, dal Collegio di Sant' Umiltà di Faenza, venni interna nel Collegio Emiliani. Eravamo poco più di una decina di studenti e c'erano una sessantina di educande (ragazze orfane o bisognose). Portavamo un camice nero col colletto bianco, le altre invece indossavano un camice grigio a quadretti azzurri. Le incontravamo solo quando uscivamo dal refettorio e loro entravano. Mangiavano dopo di noi e diverso da noi, quasi sempre minestra coi fagioli. Durante il pranzo una di noi leggeva a voce alta un brano di galateo. Nel resto del tempo, ci davano un'infarinatura di storia, geografia e altre materie. Chi voleva, poteva imparare a suonare il pianoforte. Facevamo disegno, canto, ricamo e suor Teresa Francesca ci insegnava un po' di Francese. A casa ci andavamo solo per le vacanze estive. A Sant'Umiltà si pagava di meno, ma il Collegio di Fognano era più signorile. C'erano ragazze di buona famiglia e anche di famiglia nobile. Non si riceveva alcun diploma. Non era permesso stringere amicizia con una compagna in particolare, occorreva avere la stessa amicizia con tutte. Ricordo che il 1929 fu un anno molto freddo
(Maria Cavina Ceroni)
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La Grotta della Madonna
*** Da Castel Raniero, nel 1920, venni ad abitare nella foresteria del convento coi miei genitori. Tutti dicevano a mio padre:- Che cosa ci vai a fare? Ormai le Suore le mandano via perchè sono piene di debiti.- Era da poco finita la guerra e non avevano più niente. Il babbo lavorava l'orto tutto da solo, accudiva alcune mucche, accendeva il forno e impastava il pane con alcune Suore: 130 pagnotte ogni due giorni. Naturalmente doveva poi cuocerlo e sfornarlo. Tolto l'intervallo per mangiare, stava nel convento dalle 5 della mattina alle 10 della sera. La domenica andava a Faenza in bicicletta a prendere i filoni di ghiaccio per la ghiacciaia. Si occupava delle viti e della cantina.
Alla 'Montagnola', era rimasto solo il centenario Cedro del Libano. Le altre piante le avevano bruciate durante la Grande Guerra. Mentre lavorava il terreno per ripiantare alberi, siepi e cespugli, trovò un anello d'oro col crocifisso e lo consegnò alla Madre. La Grotta della Madonna la costruirono nel 1926 mio suocero e mio marito Mario, che portò su dal fiume i sassi spugnosi che ne rivestono l'interno.
Negli anni 30 fu costruito l'impianto di riscaldamento ad antracite. Durante i mesi invernali, mio marito doveva dormire nel vano caldaia per poterlo alimentare anche durante la notte.
L'Educandato fu riaperto nel 1922. Le educande erano tante, penso più di un centinaio. Il due di ottobre arrivavano tante carrozze con figlie di famiglie nobili. Alcune mi davano i loro vestiti smessi. Poi cominciarono ad arrivare anche ragazze senza titoli nobiliari.
(Angelina Piancastelli)
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Una perenne Scuola di Ricamo
*** A imparare il ricamo si iniziava fin dalle elementari. Dopo le elementari ci mettevano nelle 'lavoranti'. C'erano tutte le ragazze del paese e anche dei dintorni divise in grandi, mezzane e piccole.I primi tre mesi li facevamo senza paga e dopo ci davano quello che pagava la Ditta Quagli Lavori Artistici di Firenze. La nostra insegnante, Suor Maria Caterina, era bravissima.Un giorno mentre stava ricamando un quadro con una cornucopia, le si fece una macchiolina. Allora ci chiese di prendere una mosca per osservarla da vicino, poi ricamò il corpicino in seta coprendo così la macchiolina, poi applicò due ali di stoffa nera che stavano sollevate. Quando andavo a servire i signori in foresteria, sentivo dire:- Peccato che in quel bel quadro ci sia entrata una mosca!-
Due volte all'anno, la Madre ci offriva la cena e, per farci divertire, non ci diceva dov'era la tavola apparecchiata e dovevamo cercarla. La domenica pomeriggio andavamo alla dottrina e due o tre volte durante l'inverno ordinavamo il punch da Minghina del Caffè che ce lo portava. (1927)
(Angelina Fabbri Piancastelli)
***Alla scuola di ricamo dalle Suore ci portavamo la merenda. Molte si prendevano un uovo. Siccome a me le uova non piacevano, andavo nel nostro orto che era vicino al Mulino della Torre e, secondo la stagione, prendevo un finocchio, o qualche noce, o una mela.
(Rosina Pierantoni)
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Bimbi grandi prima del tempo
***La 'Bell'Anna' (la Bel Ôna) era alta, di pelle scura, brutta e proprio per la sua bruttezza la chiamavano così. Era zitella e viveva in una sola stanza. Lì accoglieva i bambini che metteva a sedere su due panche. La pipì si faceva nel vasino e lei poi la gettava nella buca dal finestrino sul retro. I gabinetti allora non c'erano e la gente vuotava tutti i rifiuti nelle fosse che servivano per raccogliere il letame, concime per le vigne. C'erano vari bambini nati nel 1911 come Franco Cornacchia, Mia sorella Ancilla, Pilade Billi e altri. Faceva fare lo "scappino" coi ferri e credo proprio che lo facessero anche i maschi. Morì improvvisamente.
(Alfonsina Mondini)
***Da piccolina, prima che andassi alla scuola elementare, mi mandavano da una vecchia che abitava in via Casette. La chiamavano ironicamente 'La Bell'Anna' ( la bel' Ôna). Non c'ero solo io. Ci faceva sedere su degli sgabelli tutt'intorno alla stanza e ci faceva fare coi ferri da calza delle strisce di lana, ci raccontava qualcosa, ci faceva pregare. Entravamo la mattina e ritornavamo a casa a mezzogiorno.. Un giorno la trovarono morta e io saltavo dalla contentezza perchè non dovevo andarci più, ma la mia mamma non mi fece nemmeno entrare in casa, mi accompagnò dalle Suore con la bacchetta. Era un po' prima del 1920 e in convento non c'era ancora l'asilo, ma ci tenevano. Quando fui un po' più grandina, imparai a ricamare. Il ricamo mi piaceva, ma ero lenta. Per me le Suore del ricamo erano buone tutt'e due. Siccome il lavoro non lo finivo mai in tempo, la Suora mi mise in punizione tra le due porte dell'entrata del futuro asilo. C'erano delle panche e io, invece di lavorare, mi sdraiavo e mi addormentavo. Quando veniva a vedere se avevo finito, ero ancora al punto di partenza. Allora si raccomandava che lo finissi a casa.
Verso i 18 anni, lavoravamo per Vigliardi di Firenze che aveva anche la stoffa da vendere. Una volta ne comprai un taglio verde pisello per farmi un vestito. Lo ricamai a punto croce di verde e di marrone. Ma quanto sacrificio per pagarlo!
(Rosina Pierantoni detta Rosina ed Sarafot)
**Ricordo che circa 10 anni passavo ore a ricamare al "deserto",( così era chiamato il cortile del loggiato) dov'erano tesi i fili dai quali pendeva ad asciugare biancheria varia, con tanti di quelli che le Suore chiamavano pudicamente "fazzoletti da notte".
(Imelde Ceroni)
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Dal cimitero alle catacombe
***Siccome non si potevano fare sepolture fuori del cimitero locale, quando moriva una Suora si faceva il corteo come per qualunque altro Fognanese. Nel 1929 ottennero di trasferirle nelle catacombe all'interno del Convento. Erano cassettine tutte uguali. Si fece una grande cerimonia alla quale parteciparono tutto il Clero del vicinato e il vescovo Scalante che poi fu trasferito a Ferrara ed è sepolto nel Duomo. Al cimitero c'è ancora una lapide anche un po' polemica sul lato sinistro della Cappella.
(Davide Gondoni)
Testo della Lapide
Legge di Stato/ qui fe' riporre le salme/ delle Suore del SS.mo Sacramento./ Legge di amore/ qui addusse peregrinanti/oltre 50 allieve/ accorse da ogni parte d'Italia/ a rendere più solenne/ il 1° Centenario dell'Istituto./ Nei loro cuori scolpita è riconoscenza./ Su questo marmo vollero scolpita memoria.
2 ottobre 1922
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***Le Suore volevano che portassimo il vestito bianco d'estate e il vestito blu d'inverno. Quando nel 1929 trasferirono le Suore sepolte al cimitero alle catacombe del Convento, avevamo il vestito blu e il velo bianco. Era un brutto giorno e pioveva.
(Alfonsina Mondini)
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***Io sono sempre vissuta qui, dalle educande sono passata nelle Suore. Stavo così bene nelle Converse, perchè pensavo ai miei lavori e non avevo bambine da badare. A me piacciono i lavori manuali. Sono stata anche infermiera, ma non facevo mica le punture io. Pulivo e servivo le ammalate. Nel periodo della guerra abbiamo dovuto abituarci a tutto. La fame non l'abbiamo mai patita, ma c'era chi la pativa perchè avevano messo la misura nel pane. Quando suor Angela tagliava il pane in refettorio, le bambine che erano rimaste si raccomandavano per avere i pezzetti e le briciole. Avevamo la farina razionata. C'è stato un tempo che mi avevano assegnato il lavoro del pane. Lo impastavo poi, quando avevo finito, veniva il babbo dell'Anna e lo portava al forno di Masino. Avevamo delle assi lunghe per le pagnotte. Lo facevo tutti i giorni. Ce n'erano tante delle bambine e del pane ne mangiavano...
(Suor Giuliana)
*** Diventai Suora il 27 gennaio del 1929. Il mio nuovo nome lo imparai dal Vescovo quando mi chiamò Agostina. Una volta il nome di una suora lo decidevano la Madre e il Consiglio. Guardavano i nomi dei genitori, dei familiari. Io avevo un fratello che si chiamava Agostino. A me piaceva seminare e roncare. Avevamo due mucche per il latte e se ne occupava suor Margherita. Ho lavorato tanto, non ne ho di scrupolo.
(Suor Agostina)
***Ogni mattina suor Agostina arrivava dall'orto dove aveva raccolto le verdure per la cucina. Aveva due ceste, una di qua e una di là per bilanciarsi, altrimenti, esile com'era, si sarebbe rovesciata.
(Giannina Montuschi
***Suor Rosalia si occupava della carne di maiale. Nel 1950, quando non avevano ancora costruito l'edificio per il laboratoro della Callegari, lavoravo nel raparto taglio in una stanza del vecchio asilo. Se era bel tempo, suor Rosalia passava dal cortile diverse volte la settimana con grandi vassoi di affettato. Io l' aspettavo a tiro e, al volo, le rubavo una fetta di salame. Lei diceva: -Ah, birichina!, e spostava il vassoio dall'altra parte
(Mimmi Grementieri)
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Attività di Suore
***La moglie di mio cugino Eleonoro, Lilì, che faceva la sarta, mi dava sempre dei ritagli di stoffa colrata e io li portavo a suor Anna Maria. La sua inventiva era veramente incredibile. Conservo ancora alcune delle sue creazioni e le tengo con cura. Ho un cucchiaio di legno trasformato in appendino con tre gancetti e un viso sorridente, un paperino col cappello da cowboy e la giacchettina di stoffa a quadrettini che sembra uscito da un cartone animato di Walt Disney e poi ho una bambola di stoffa. Suor Anna Maria mi diceva: "Quando vado a Bolgna, guardo le bambole nelle vetrine e cerco di rifarle." E ci riusciva, perchè quella che ho è curata in ogni dettaglio e ha sul viso un'espressione birichina. Ho anche un cestino di rafia lavorato all'uncinetto dove tengo gli elastici.
(Riccarda Barberini)
***Certe volte suor Matilde in una stanza sopra all'asilo tesseva la tela per le tonache delle Suore e lavorava al telaio tutta la notte. La gente diceva : -Lassù ci si sente!- invece era lei che armeggiava col telaio.
(Giannina Montuschi)
*** Suor Eletta veniva da Musianello. Lavorava sempre a spazzare qua, a spazzare là. Ogni giorno andava a raccogliere l'erba per le galline, poi aiutava all'acquaio in cucina a lavare i cocci e a metterli tutti in ordine negli armadi dopo averli asciugati. Parlava in un modo curioso perchè aveva sempre parlato solo in dialetto e aveva dovuto imparare l'italiano in pochi giorni, ma non lo sapeva e traduceva il dialetto come poteva e a modo suo.
(suor Giuliana)
***Suor Eletta aveva l'ncarico del pollaio. Se se si passava nei pressi del pollaio quando le galline erano andate dentro, diceva :- Fate piano che mi svegliate le galline!-
( Giannina Montuschi)
*** Per fare le ostie avevamo uno stampo di ferro tondo coi manici lunghi. In mezzo alla piastra rotonda c'era incisa l'ostia grande con le lettere JHS ( Jesus Hominum Salvator) e intorno c'erano le piccole. Si faceva una pastella non tanto liquida con farina e acqua, se ne metteva un po' sulla piastra, si chiudeva con l'altra piastra incernierata a quella e si appoggiava su un fornello, rigirandola una volta. Poi si apriva e, con un arnese apposta, si tagliavano le varie ostie e i ritagli li davamo alle bambine. Adesso le ostie le compriamo già fatte e i ritagli li diamo ai pesci della vasca del giardino.
(Suor Chiara)
***Con suor Maria Giuseppina siamo gemelle. Io sono entrata in convento sei mesi prima di lei, il 7dicembre 1950, però la vestizione e la professione le abbiamo fatte insieme. Eravamo dallo zio prete a Quartolo e io ho pensato:" Voglio andare nelle suore così sono sempre nella chiesa e posso pregare". Avevo 25 anni e ci avevo pensato abbastanza. Mio padre mi diceva: "Mi sembra che tu vada in prigione", perché allora non si poteva uscire come adesso. Aiutavo in sacrestia, la mia maestra era era suor Teresa Margherita che era la sacrestana. Allora c'era don Bucci Vittorio e l'anno dopo venne don Domenico che rimase per trent'anni. Poi lavoravo ai telai. Tessevo la tela per asciugamani, tovaglie e per tonache di lana. Avevo imparato dalle Ghidieri di Faenza. Adesso sto in cucina e in sacrestia. Chiedo a suor Chiara che fiori ha in giardino da darmi per l'altare e lei me li porta. Delle volte ho ornato l'altare solo di rose perché c'erano quelle. Quei vasi alti e sottili li preparavo sempre io. Adesso per le feste si fanno cestini e composizioni e sono suor Maria Luisa e suor Chiara che li preparano.
(suor Maria Assunta)
***La mia famiglia abitava alle Case di Là di Fornazzano dove mio padre faceva il mugnaio. Ero presso lo zio prete a Quartolo quando venni in convento con l'Azione Cattolica per fare gli Esercizi Sprirituali e decisi di farmi suora. Andavo in bucateria, stendevo i panni, poi li stiravo e li accomodavo. Dopo dieci anni mi mandarono al Pensionato di Bologna per 15 giorni e invece ci rimasi 10 anni. Di lì fui mandata al Pensionato di Roma con suor Rosa Giuseppina e ci rimasi12 anni. Sono ritornata qui da 8 anni e lavoro in sala da pranzo: servo a tavola, aiuto, sorveglio le ragazze che fanno le cameriere. Alcune sono Monia Malavolti,Katia Scarpa, Annalisa Bartolozzi, Marta Moretti. Apparecchiano e sparecchiano le tavole, servono i pasti e mettono piazzi, tazze, bicchieri e posate nella lavastoviglie.
Sia a Bologna che a Roma, che a Fognano ho sempre fatto più o meno lo stesso lavoro. Mi sono sempre ambientata subito e mi sono trovata bene.
(suor Maria Giuseppina)
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A Suor Maria Domenica Liverani nata a Castelbolognese nel 1915, di indole amabile, erano stati affidati vari incarichi tra i quali i bambini della scuola materna e in seguito le ragazze interne che, al momento della sua morte (5 aprile 2005), la vollero ringraziare così.
Ti diciamo Grazie
Cara suor Maria Domenica, sei volata in cielo in silenzio e troppo in fretta senza che potessimo salutarti un'ultima volta: sarai sempre nei nostri pensieri e nei nostri cuori. Ti diciamo GRAZIE per tutto l'affetto che ci hai donato in tutti gli anni trascorsi in collegio, GRAZIE per il saluto della "Buona notte" che venivi ad augurarci ognis era, Grazie per le fette di pane con la marmellata che facevi uscire, come per incanto, dall'armadietto azzurro dell'asilo e ce le offrivi durante l'intervallo delle lezioni perché, dicevi, " avete fame, dovete crescere", GRAZIE per aver saputo ascoltare le nostre confidenze di adolescenti, GRAZIE per tutte le premure che hai sempre avuto verso di noi tutte, sei stata come una mamma tenera, affettuosa. Con i tuoi modi semplici e miti ci hai fatto capire che, se il dover rispettare le regole di una vita in comune al momento ci sembrava un'imposizione, in futuro ci sarebbe servito per affrontare la nostra vita nella famiglia, nel lavoro, nella società: avevi ragione!
( Da "Fiaccola"-seguono 13 fime)
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E sbobôn
*** Fra il 1930 e il 1935 erano tanti i Fognanesi, come la mia mamma, che nei mesi invernali andavano a prendere la minestra ( 'e sbobôn') dalle Suore. I biglietti, uno per razione, costavano 4 soldi e si prendevano presso la sede del Fascio. Veniva preparato nella cucina da Suor Matilde insieme a Casanova, detto Cagnara, e Cantoni Antonio (Tugnô ed Lisatta). Era sempre molto buono. La mia mamma diceva che, coi soldi che aveva risparmiato prendendo e sbobôn, si era potuta comprare i comodini. La minestra veniva distribuita dalla porta dell'Asilo, quella che si apre a metà di via Emiliani. Veniva chiamata 'la porta del pane' perchè, prima che il pane venisse cotto nel forno del convento, veniva portato a cuocere nel forno di Masino passando appunto da quella porta.
(Angelina Fabbri Piancastelli)
*** Mia suocera mi raccontava di una famiglia composta da 9 figli, più i genitori e la nonna, che andavano a prendere 'e sbobôn' ed erano contenti quando c'era il riso coi fagioli perché, oltre ad essere molto buono, dava loro la possibilità di risolvere anche il problema della cena. Infatti, togliendo dalla minestra gran parte dei fagioli, potevano preparare uno stufato per la sera.
( Giannina Montuschi)
*** La vecchia cucina dove si cuoceva ' e sbobôn' divenne poi il Caffè delle Suore.( così infatti lo chiamavano). Dalla porticina che dava sul loggiato, che allora era su due lati del 'Deserto' (Nota: Così era chiamato il cortile della odierna Scuola Materna),si usciva a tostare l'orzo. Nella stanza venivano poi le 'corali' ( le Suore dal velo nero) e lo bevevano lì in piedi, mentre le 'Converse' ( le Suore dal velo bianco) prendevano la loro tazza e andavano a berlo in refettorio.
( Suor Chiara)
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La Festa del Restauro
***Nel 1932 quando terminarono i lavori di restauro del Convento, la Madre suor Teresa Maddalena fece una settimana di festeggiamenti. Erano ospiti, anche a dormire, tutti quelli che avevano lavorato a ristrutturare: i falegnami, i muratori, i campanari di Bologna, gli 'statuisti' ( cioè quelli che avevano ripulito le statue), gli operai che avevano restaurato la chiesa, l'organista e anche tutte le esterne che aiutavano a preparare i pasti e a sistemare le camere. I pranzi li facevano nella sala di sopra, prospiciente la strada, e c'erano dei veri camerieri a servire a tavola. Dalla cucina i piatti venivano messi nella ruota, presi e portati su. C'erano cardinali, vescovi coi loro segretari e altra gente importante. Il venerdì, che era vigilia, la Madre mandò qualcuno a Ravenna a comprare il pesce. Ci fu anche una processione solenne.
Noi, ragazze esterne, per fare un dono al Convento, ricamammo tutto l'occorrente per l'altare e anche i paramenti sacri per il sacerdote.
(Angelina Fabbri Piancastelli)
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L'olio di fegato di merluzzo
***Quando nel 1939 i miei genitori andarono in Germania a lavorare, avevo quasi sei anni e mi misero interna.Nei primi giorni ho sempre pianto perchè volevo la mia mamma, ma poi mi sono abituata. La cosa che ricordo proprio bene è l'olio di fegato di merluzzo. Ci mandavano in cucina in fila e ce lo davano in un bicchierino. Dicevano che faceva bene, ma io stavo male. Me lo sentivo andare su e giù nello stomaco, non mangiavo più. Poi mi feci furba, cercavo di essere la prima della fila, prendevo il bicchierino, mi facevo da parte per lasciar passare le altre e buttavo l'olio nell'acquaio. La nostra Suora era suor Maria Francesca. Con me c'era anche Teresa Ronchi. Quando venivano i parenti di un'educanda in foresteria, anche noi avevamo il desiderio di vedere i nostri, allora andavamo là e spiavamo dal buco della serratura. Una volta venne mio zio da Genova e mi prese in braccio. Io pensavo :- Adesso ci sono le mie amiche che mi guardano dal buco della serratura...-
(Maria Teresa Scarpa)
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I custodi
***Nel novembre del 1939 venni dalla campagna coi miei genitori che erano stati assunti come custodi presso il convento. Avevo 7 anni, non capivo più niente nel vedere quella casa così grande. Mi faceva impressione e tutto mi faceva paura, perfino la Madre Naldi. E pensare che mi voleva un bene della vita, ma quando la vedevo arrivare, mi impressionavano il suo vestito lungo e il velo nero. Lei mi diceva :- Vieni qui, poverina,- e io mi nascondevo dietro al babbo e alla mamma. Frequentai la scuola fino alla quinta. La Madre avrebbe voluto che continuassi a studiare, ma io non ne avevo voglia.
Dopo la scuola e il compito, suor Teresa Angelica ci faceva imparare il punto croce. Tutti i giorni la Madre faceva il giro delle classi e, tutte le volte che apriva la porta, io mi sarei seppellita perché la suora mi presentava alla Madre dicendo :- Questa qui è una testona. Non è capace di imparare la crocetta!- E la Madre incoraggiava:-Imparerà, imparerà.- Era una suora di quei tempi, con la mentalità di allora. Quel periodo è stato quello che mi ha dato più fastidio.
A lavorare con le Suore incominciai nel 1952. Pulivo i corridoi e le camerate con suor Maria Assunta e suor Maria Rosa. A settembre sono stati 40 anni che lavoro dentro il Convento e le Suore sono diventate la mia famiglia.
( Anna Visani)
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LE MASSAIE RURALI
***Dal 1939 al 1942, nei mesi di giugno, luglio e agosto venivano in villeggiatura a Fognano una cinquantina di "massaie rurali". I turni erano di 15 giorni e il soggiorno era pagato dal Fascio. Io preparavo i pasti insieme a una brava cuoca di Ravenna in una cucina del convento. Le donne entravano e uscivano dalla porta che è vicino allo studio del geometra Casanova, cioè al numero 12 di Piazza Garibaldi. Dormivano all'ultimo piano e mangiavano sotto il loggiato del giardino, dove erano sistemati tavoli e panche. Preparavamo tre pasti al giorno col cibo che veniva portato da Ravenna dentro delle ceste. Ci portavano, oltre ai tegami, anche la biancheria. La Preside era la Benelli e il Gerarca era Tosi, fratello della maestra Tosi. L'ultimo anno venne a lavorare con noi anche Angelina Piancastelli. Avevamo molto da fare e mangiavamo addirittura in piedi. Le donne fasciste di Fognano venivano ogni tanto a controllare e si mettevano in divisa quando arrivava il Federale. Io avevo il marito in guerra, due figlie da mantenere e 5 lire al giorno mi facevano comodo. L'ultimo anno dovevo avere 400 lire ma purtroppo non le vidi mai. Non vennero nemmeno a ritirare i tegami che rimasero alle Suore.
(Tonina Mondini Piancastelli)
ALL'ASILO con pochi mezzi
Nel 1940 ero con suor Anna Maria e mi occupavo dei bambini dell'asilo. Vi rimasi fino al 1955. Con noi era presente anche Giovanna Barlotti di Palazzuolo che si era diplomata con noi. Le mamme mi raccontavano dei loro mariti in guerra, si sfogavano con me. Eravamo in stanze umide e non avevamo giochi. Gli unici erano i cubi di legno, le cartoline illustrate e i "pirucelli" realizzati arrotolando le stelle filanti. La ricreazione più bella era di andare alla Montagnola dove i bambini facevano la corona con foglie di alloro, o di lauro ceraso, puntate l'una all'altra con aghi di pino. Erano divisi in tre classi e venivano con il pranzo nel loro cestino. Soprattutto quelli delle famiglie numerose, avevano nel cestino solo pane bagnato nell'acqua con un po 'di zucchero sopra. Si potevano notare le differenze e io ero dispiaciuta. In seguito ci fu un po 'di refezione. Ogni giorno veniva suor Matilde e portava il pane con la mortadella, o qualcos'altro, e facevano merenda.
C'era Apollonia Piancastelli ("Pologna") che pensava alla pulizia dei bambini che non erano ancora in grado di cavarsela con il gabinetto e si sporcavano. Non si contano i sederini che ha pulito! Quando le madri tardavano a riprenderli, suor Anna Maria portava i bambini al piano di sotto dove in un sottoscala aveva la macchina per rilegare i libri e diceva loro che serviva per fare le caramelle.
Per riscaldare le stanze avevamo una stufa a legna. Nel 1944, quando ci fu un bombardamento e arrivò l'armistizio, chiudemmo l'asilo per un anno. Quando abbiamo riaperto, la vita stava iniziando a migliorare. Gli anni della guerra erano passati.
Per la Befana il professor Montuschi ci dava dei i soldi e compravamo vestiti e biancheria per i bambini. Ricordo Luciana Melandri alla quale toccò un vestito bianco che tutti le invidiavano.
(Suor Maria Domenica)
*** Prima di andare all'asilo dalle Suore, mia mamma mi portava alla stalla di Minghina ('Lo stallatico' di Minghì) e io mi aggrappavo alla sbarre della finestra e gridavo - Mamma, vieni a prendermi! - Poi sono andata all'asilo. In tempo di guerra ero a scuola dalla maestra Tosi e da suor Pier Damiana.
(Biancamaria)
(Giannina Montuschi)
***Rimasi molto colpita, quando ero ancora all'asilo, dalla morte di una bambina. Il giorno prima questa bimba piangeva e noi, spietati come spesso sono i bambini, la prendevamo in giro cantando: "Piangolô dal sett candel, fa la papa te soler, fa la papa tla scudèla, piangolô ed Brisighèla". Nella vita, questo evento mi ha sempre fatto pensare. Quando mi trovo di fronte a determinate situazioni, mi dico che, prima di giudicare e agire, bisogna sempre riflettere.
(Antonietta Volta)
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Ricordo le feste che facevamo e la mamma veniva ad aiutare le Suore a farci i fiocchi di raso sui capelli perché dovevamo fare la fotografia. Poi cantavamo, giocavamo coi cubi di legno, facevamo dei disegni e le aste per essere preparati a cominciare le elementari. Suor Anna Maria attaccava un filo a un bastone, si affacciava alla finestra e faceva la pesca delle caramelle. Attaccava una caramella in fondo al filo poi lo alzava e lo abbassava sopra di noi finché il più fortunato di noi riusciva ad afferrare la caramella.
(Gabriella PIancastelli)
***Quando ero all'asilo ero molto affezionata a suor Maria Domenica. Siccome non avevo molto appetito, mi sbatteva un uovo con lo zucchero. Era molto premurosa con me, così mi sono sempre ricordata di lei e sono andata a trovarla anche da più grande..
La recita dell'asilo mi piaceva moltissimo e soprattutto mi piaceva cantare, ma purtroppo ero stonata. MI avevano messa in coppia con la Pucci, la nipote di suor Rosa Luisa, per cantare una canzone al babbo lontano. Durante le prove, suor Maria Humilitas mi disse:-Tu fa finta di cantare, muovi solo la bocca.- Le diedi retta, ma quando facemmo la recita, cantai sempre!
Suor Chiara la ricordo bene. Quando andavamo nel giardino, battevamo coi sassolini sul bordo della ringhiera che circondava la vasca dei pesci rossi perché venissero a galla. E suor Chiara era sempre lì, in qualche angolo, intenta a curare i fiori e le piante. Faceva parte dello sfondo...
(Vilma Piancastelli)
***I ricordi più vivi che ho dell'asilo sono quelli che mi hanno procurato delle grandi emozioni e sono tre. Ricordo una recita dove, in fila, facevamo tuuu tuuu e io alzavo la paletta perché ero il capostazione ( come mio padre); ricordo lo stanzino di rilegatoria di suor Anna Maria e la meraviglia di tante belle cose che sapeva fare e che ci mostrava; poi ricordo una visita alla catacomba. Non era poco per me andare sotto terra dove erano le Suore morte!
(Iginio Chiarini)
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*** Fu molto bello essere all'asilo. Mi piaceva tanto la giostra e anche tutti i legnetti coi quali facevo le casine e delle pile alte per la gioia di vederle stare in piedi. Nel quaderno a quadretti ci facevano fare le aste e questo mi piaceva poco perché era difficile farle dritte. Ogni tanto andavo nell'Ufficio della Madre Naldi, che chiamavo zia, e battevo nell'armadietto dove sapevo che teneva le caramelle.
Il giorno della Befana dovevo andare da lei a prendere la calza, però la nascondeva e io dovevo cercarla. Una volta me la nascose sotto al suo letto, in camera sua.Dalla calza usciva la testina di una bambola molto bella. Sarà stata alta una trentina di centimetri, con un vestitino bianco bordato di blu e un grembiulino davanti. Ero l'unica che poteva entrare nella sua camera da letto che era vicino al priorato, dove tenevano le cose più preziose del Convento
(Margherita PIancastelli)
***All'asilo facevo le commedie con Paoletta Billi. Io ero sempre la cattiva e lei la buona. Abbiamo recitato in una commedia dove Paoletta aveva una bambola e io gliela portavo via e gliela buttavo per terra. Siccome la bambola era proprio la mia e aveva la faccia di gesso, mi si era tutta scorticata. Ho altri flash, il regalo delle mamme a suor Maria Domenica e a suor Maria Humilitas che consisteva in alcune saponette e una maglia ella pelle. Chissà perché mi è rimasto impresso. Quando glielo consegnarono, eravamo nel cortile e c'era la glicine fiorita. Poi una bambina, correndo si ruppe un dente e c'era del sangue.Dopo stava sempre vicino a suor Maria Domenica e io ero gelosa.
(Delia Mondini)
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AL LAVORO NEL CONVENTO
Un'intera famiglia al lavoro
*** A cominciare dal 1939 andavo nel convento a cucire. Feci i pantaloni da ginnastica per le studenti, larghi e infilati in fondo. Cucivo le tonache per le Suore e le divise per le interne.Ricordo suor Rosa Maddalena ,rossa in viso. Veniva da Ferrara e il suo nome da laica era Atropo. Era lei che dirigeva la sartoria. Veniva anche la Madre Naldi quando alcune educande dovevano andare al mare.In tempo di guerra cucivo per loro le sottovesti di mussola di cotone bianco, la biancheria e i vestiti da prendersi dietro, con le maniche corte e un ricamino sulle spalle.Mi diceva:" Sarai contenta che tutta la tua famiglia lavora qua dentro!" Infatti mio fratello Pino faceva il calzolaio, io cucivo e la mia mamma lavava. Non mi pagavano molto, ma spese non ne avevo. Me li davano tutti in una volta e potevo comprarmi qualcosa.
(Alfonsina Mondini)
*** Cominciai a lavorare in Convento nel 1938, avevo 15 anni perciò, tolti il periodo della guerra e il lavoro da Cavallari, sono 55 anni. Faccio di tutto. So dove passano i fili dell'impianto elelttrico e i tubi dell'acqua.. Anche la centrale termica è affidata a me. È grandissima, ci sono più di 300 radiatori. Se si blocca l'ascensore, chiamano me. Il tecnico mi ha insegnato come fare.All'inizio stavo col meccanico. facevo le crine, poi vennero gli idraulici a mettere l'impianto di riscaldamento. Ho lavorato da manovale con Mario e Franco Piancastelli che facevano i muratori. Ho imparato a fare un po' di tutto. Quando ci sono delle Ditte, non arrivo a mettermi a lavorare con loro che l'altoparlante mi chiama "Carletto è desiderato..." e io vado dove è richiesto il mio intervento e sono contento di rendermi utile.
( Carletto Bandini).
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***Mio padre faceva l'elettricista e spesso lavorava nel convento. D'estate spesso andavo a dargli una mano a tirare i fili della luce. Una volta (era il 1963 perciò aveva 62 anni), siccome mia madre mi disse che stava mettendo su i neon nella chiesa, andai e lo vidi seduto lassù sul cornicione che si spostava strisciando col sedere e aiutandosi con le mani. Al di sotto, una suora metteva i neon in un cestino e lui li tirava su. Si fece così tutto il giro del cornicione della chiesa che è altissimo. Faceva paura a guardarlo.
Ricordo quando fece il quadro di chiamata. Era un quadro messo in portineria con una quarantina di cartellini. Da ogni camera, le Suore premevano un pulsante e in portineria si accendeva il numero corrispondente alla camera.
Credo fosse nel 1950 che fece il primo impianto di telefonia. Era una cassettina con una manovella. Prima lo aveva provato in casa. Mia madre Minghina era in camera e mio padre Gino era nel salotto e si parlavano. Spesso nel suo lavoro era affiancata dai muratori. Giovanni Tassi era molto bravo come muratore e anche Pinetto Bandini. L'impianto elettrico delle varie stanze era esterno, fu lui a metterere i fili all'interno delle pareti. Quando fecero l' impianto di riscaldamento, venne un tecnico da Bologna. Sia mio padre che Pinetto erano amanti delle Opere e ogni tanto davano il via a un pezzo musicale. Io potevo solo ascoltare perchè ero stonato come un campanaccio...
(Romano Visani)
Il nonno Piê e il deposito della frutta.
Mio nonno Piê aveva una ventina di operai e con loro andava a raccogliere la frutta dai contadini. La mia mamma preparava da mangiare per tutti e vendeva a piano terra la verdura. Piê teneva la frutta ben stesa in stanze del convento. La portavano su gli operai nei cesti ( 'i penirô'), che erano panieri con due manici fatti a tronco di cono. Tutte le settimane ne prelvava una certa quantità e, col carro tirato dai cavalli, andava a venderla al mercato di Lugo. Suor Rosa Luisa si ricorda che la Madre Naldi ogni tanto dava a lui e agli operai, sudati per la fatica, un fiasco di vino.
(Lella Piancastelli)
LE FRANE
Il 1939 fu l'anno delle frane. Ce ne furono parecchie. Franò il monte di Gambirano e una frana portò via un tratto della ferrovia sulle pendici, prima di San Cassiano. Donna Rachele venne a vedere i luoghi devastati e, al ritorno, fece sosta presso il Convento Emiliani.A riceverla si radunarono i figli della lupa, i balilla, le piccole italiane, le massaie rurali eccetera. C'ero anch'io. Dopo l'incontro, Donna Rachele ci regalò un fazzoletto da collo triangolare con la scritta "Viva Il Duce" in giallo su fondo bianco. Durante la guerra, siccome scarseggiava tutto, una mia amica usò due di quei fazzoletti per confezionarsi un paio di mutandine dopo averli tinti di nero.Coi lavaggi però la tinta sbiadiva e la scritta riaffiorava. Uno sfollato notò la cosa, le staccò dal filo dov'erano ad asciugare e le mostrò agli altri sfollati dicendo:" Qui c'è qualcuno che vuole molto bene al Duce!". La mia amica non si scoprì e non disse mai che erano le sue.
(Giuliana Ceroni)
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Una curiosità. Il giuramento del Balilla
"Nel nome di Dio e dell'Italia giuro di essere agli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e, se necessario, col mio sangue, la Causa della Rivoluzione fascista".
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LE EDUCANDE
Nelle educande i lavori erano distribuiti a turni di una settimana. Una settimana si doveva pulire il corridoio, un' altra si era addette al refettorio e alla cucina. Si andava anche a stendere, raccogliere e piegare il bucato. Il primo coridoio si puliva tutti i giorni, il terzo si puliva il mercoledì e il sabato, il secondo nei giorni rimanenti. Una volta l'anno si faceva una gita importante e si stava fuori tutto il giorno. Chi non era stato buono, però, doveva restare in convento. Una volta tra le poco buone (una decina) c'ero anch'io. Le altre partirono e noi rimaste ci rifiutammo di pulire i corridoi.Venne suor Giuliana a pregarci e a sgridarci, ci decidemmo , ma per fare un lavoro di 45 minuti, ci mettevamo due ore. Ogni tanto bisognava bagnare moderatamente la segatura,e una mia compagna, Bianchina, prese la brocca e la versò tutta. Fu un guaio. Dovemmo prendere della segatura asciutta e darci da fare per asciugare. Con tempo e fatica ci riuscimmo. La Madre Naldi ci fece una ramanzina e ci disse che da allora in poi, le pulizie dei corridoi sarebbe toccata sempre a noi finchè non ci avesse dato ordine contrario. Credo che durassimo un mese. La bravata ci era costata cara,
(Antonietta Chiarini)
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