INTRODUZIONE
La Grande Casa aprì le sue porte alle ragazze disoccupate che ebbero modo di imparare dai Corsi di Formazione Professionale non solo l'attività inerente, ma di avere un contributo giornaliero che fu molto utile in quel periodo. Ai Corsi imparavano anche elementi di cultura generale e li vivevano in allegria, quella allegria ingenua dei tempi dove lo stare insieme era già una gioia.
Fu molto importante anche l'apertura di un Laboratorio da parte della Ditta Callegari che occupò circa un centinaio di ragazze le quali, a gruppi, aprirono in seguito laboratori personali.
*** Quando la Madre Guerra richiese i Corsi di Formazione Professionale (maglieria, camiceria, ricamo, tessitura) le fu detto che li poteva ottenere solo se aveva il personale specializzato. Allora suor Rosa Luisa, suor Maria Tecla e io frequentammo una scuola privata e demmo degli esami, in parte a Ravenna e in parte a Forlì. Prendemmo il diploma del Magistero della Donna col quale si poteva insegnare anche nella scuola elementare. Cinque anni dopo, quando eravamo pronte, iniziarono i Corsi.
(suor Rosa Angelica)
I Corsi, indetti dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, erano patrocinati dall'E.N.A.L.C. ( Ente Nazionale di Addestramento Lavoratori ) che promosse il primo Corso di Taglio e Confezioni e dall'I.N.I.A.S.A (Istituto Nazionale per l'Istruzione e l'Addestramento nel Settore Artigiano.)
Iniziarono nel 1953.
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Anni '50
-***C'erano sempre tre Corsi contemporaneamente e la Direttrice era suor Rosa Angelica. Io insegnavo in quello di maglieria e avevo tanta soggezione davanti a tutte quelle ragazze. Mi volevano bene ma si divertivano a fare degli scherzi. Io dicevo:" Fate le brave che sono vecchia e stanca". Allora la Delma mi chiamava affettuosamente "la mia vecchia". Subito imparavano a dipanare le matasse, poi a incerare il filo mentre facevano le bobine. Poi insegnavo a usare la macchina per fare i calzettini che a me sembravano facili, invece a loro parevano tanto difficili. Alla fine di ogni Corso c'erano l'esame e il diploma. Quello che avevamo prodotto ( maglie, scialli, sciarpe e altro), prima veniva esposto e poi consegnato all' I.N.I.A.S.A. che aveva provveduto a fornire il materiale e la paga alle ragazze.
(suor Maria Margherita)
1913-2005- Si chiamava Maddalena Solaroli e veniva da Villa Vezzano. Intorno agli anni 1925/26 fu mandata nel collegio Emiliani per essere educata e imparare un mestiere. Imparò varie arti femminili e il lavoro di magliaia che svolse poi anche fuori del Collegio. Vestì l'abito domenicano nel 1944. Era una suora semplice, ma intelligente, amante del nascondimento, schiva di lodi. Aveva l'estro della poesia, scriveva zirudelle accompagnandole con disegni. Ebbe vari incarichi che svolse sempre con impegno e dedizione.
(Dalle parole di suor Maria Caterina Farolfi)
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Perle (dalla scuola elementare)
♣I maiali mangiavano le ghiande e le carrucole
♣I miei maiali vanno sotto un ghiando e mangiano le ghiande.
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***Ogni tanto veniva da Faenza la signorina Magli che a noi sembrava una vecchia zitella, ma forse vecchia non era. Ci parlava dell Divina Commedia e ci faceva imparare a memoria dei pezzi come quello del " Conte Ugolino, di Caron dimonio con occhi di bragia, Nel mezzo del cammin di nostra vita" ed altri. Ci davano 300 lire al giorno ma una volta la paga tardava a venire, allora Adriana Farina attaccò alla porta un cartello con su scritto. "Lasciate ogni speranza o voi che entrate che qui dei soldi non ne pigliate".
Imparammo a fare i modelli con l'apposita squadra e un anno confezionammo le divise da ginnastica per le studentesse: gonna-pantalone blu e camicetta bianca.
(Assunta Benini)
***Al Corso di tessitura imparai a tessere gli asciugamani nel telaio a quattro pedali. Dentro le navette si mettevano i cannellini di filo e Giuliana Bandini era addetta alla manovella dei cannellini. Le mettevamo una striscia di stoffa intorno alla testa con infilato un cannellino. Quando noi la chiamavamo: "Piccolo Indiano!", lei doveva rispondere: "Augh!".
***ll Corso di Taglio e Cucito è stato un periodo particolarmente felice. Ci sentivamo a nostro agio, come a casa nostra. Durante il lavoro a volte cantavamo, ma quando per suor Rosa Angelica le parole erano troppo 'spinte' (amore, bacio ecc.) diceva: "State zitte se no vi chiudo a chiave nella stanza di là."
All'inizio facevamo i modelli di carta, poi sul modello base ognuna di noi poteva fare delle modifiche secondo il suo gusto. Poi ricostruivamo il modello sempre di carta, ma proprio come se fosse un vestito vero. Una volta cucimmo le divise per i bambini dell'asilo. Alla fine del Corso, dopo la mostra, alcuni vestiti venivano sorteggiati. Io vinsi un vestito che mi stava a pennello. Era rosa con dei fiori azzurro pallido.
(Vilma Piancastelli)
*** Con altre tre, rammendai la pianeta dell' Arciprete Cantagalli che era tutta un buco. La rammendavamo col filo giallo. Suor Teresa Giovanna ci insegnava Merceologia. Era molto autoritaria ma mi voleva bene e anch'io gliene volevo. Adesso scopro il valore di tutto quello che le Suore ci insegniavano.Allora mi sembravano cose senza senso, invece tante parole mi tornano alla mente perchè ora me le spiego, cioè arrivo a capirne il significato. Parole, preghiere, che ascoltavamo magari con fastidio, sono rimaste nella mente e adesso penso che avevano ragione. Perciò la base ce l'hanno data. Sono contenta di essere stata con loro. Se ho un aiuto nella vita è grazie a loro.
(Stefania Monduzzi)
***Mi misero al Corso di Tessitura. C'erano Bina Ghetti e Malva Ferretti. Stavano sempre insieme ed erano brave a ordire la tela. Poi c'era l'Anna Biagi, c'erano ragazze di San Martino come l'Elda Bassetti e la Giovanna Ciani di Celserrato. La Giuliana Bandini faceva sempre i cannelli in un telaino piccolo e tesseva le sciarpe. La mattina andavo a dare il lavoro e poi in cucina. Le ragazze facevano tovaglie e tovaglioli di canapa e coperte belle grosse che sono rimaste a quelli del Corso. Erano brave e svelte. Davo la misura, dicevo: " Ne devi fare un metro prima di mezzogiorno", e loro si ingegnavano per arrivare a finire. Quando dovevamo fare delle tele molto lavorate, veniva una Suora delle Ghidieri perchè ci volevano più pedali e lei era più pratica. Ho un bellissimo ricordo di quelle ragazze.
(suor Maria Assunta)
***Sono andata molto nel Convento quando facevo i Corsi. Ci sono andata dai 15 anni a vent'anni. Mi piaceva molto il ricamo. Mi trovavo bene con le compagne e con suor Rosa Angelica andavo benissimo. Facevo il gigliuccio e il puntino nelle cose della chiesa. I soldi che prendevo li utilizzavamo in casa.
(Giampaola Pedrelli)
***I Corsi ci hanno lasciato anche un po' di istruzione perchè suor Pier Damiana ci insegnava varie cose, svolgendo un programma che somigliava a quello della prima media. Suor Maria Tecla ci insegnava Merceologia, ci parlava dei vari tipi di fibre. Poi le Suore, fin da bambine, ci portavano in gita. Bisogna riconoscere che hanno anche il merito di averci fatto uscire dal guscio. Per noi erano le uniche occasioni per muoverci dal paese. Sono stata a Roma, Loreto, Firenze, San Marino, Ravenna e il mare l'ho visto per la prima volta durante una gita.
(Vanda Billi)
***Era il 1953, la maestra Caterina Sabbatani ci stava facendo lezione di Italiano. Ci aveva dato da studiare la poesia "La cavallina storna" di Pascoli, ma nessuna la sapeva. Chiamò Marisa Samorè e noi cercavamo di suggerirle i versi. La poesia finisce così: 'disse un nome, suonò alto un nitrito'. Purtroppo Marisa capì: ' disse un nome, alzò alto un dito.' Quanto ridemmo!
(Teresa Scarpa)
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***Nel 1958 cominciai i Corsi per disoccupate. Il primo anno al corso di cucito ci insegnava la Tina Montaguti, che era maestra di taglio. Dopo di lei venne Maria de Caporal che faceva la sarta. Suor Rosa Angelica ci sorvegliava e ci insegnava il ricamo. Quando si assentava, andavo su all'ultimo piano con Edda, Biancamaria e Pina Montevecchi. In stanzoni bui, con gran puzzo di chius, c'erano tavoli, panche, mobili vecchi, e poi vestiti per le commedie, corone, scatole di perle... Frugavamo e toccavamo tutto, ma non abbiamo mai preso niente. Avevamo anche paura e, al minimo rumore, scappavamo giù per le scale come cavallette.
(Assunta Benini)
***Quello è stato il nostro periodo più allegro. Ci siamo divertite tanto perchè avevamo tanta voglia di scherzare nonostante fossimo già grandi. Una volta ci nascondemmo dentro una stanza buia. Indietreggiando, sentimmo che c'era una pila di materassi. Una disse. "Chissà quante Suore ci sono morte qua dentro." Ci fu subito una fuga generale.
(Magda Ceroni)
***Come sarta, cominciai a insegnare taglio e cucito nei Corsi. Erano presenti, tra le altre ragazze, tutte le giovani maestre disoccupate: Magda Ceroni, Malva Ferretti, Bina Ghetti, Valda Sasdelli, Marta Casadio. Quante me ne combinavano! Suor Pier Damiana ogni tanto le sgridava e diceva:"Venite proprio solamente per quel tozzo di pane!"
Una volta stavamo cucendo delle tonache bianche da suora e loro dovevano partire per andare a un convegno. Prima di andarsene, mi cucirono tutte le tonache col filo nero. Da quel convegno ci scrissero una cartolina postale con disegnato un tozzo di pane e confessando la bravata. Dovemmo scucire tutto il lavoro e rifarlo.
Quando arrivavo io verso le dieci dopo le ore fatte da suor Rosa Angelica, non ne trovavo nessuna in classe. Giocavano tutte a nascondino. Valda portava addirittura da casa le babbucce per non far rumore. Battevo le mani e sembravano i polli che escono dalle stie. Da tutte le parti ne spuntava una.
Eravamo al terzo corridoio, quello laterale, coi gabienti che davano sul cortile della cucina. Andavano lì a fumare. Quando aprivano la porta, il fumo usciva a nuvole. Sembrava un girone dell'inferno.
(Bruna Zaccarini)
***Una volta venne un'ispezione. Erano quelli dell'Ufficio di Collocamento di Brisighella, Luigi Casadioe Cicco Montanari. Li accompagnava un Ispettore di Ravenna. Eravamo tante, sedute a una lunga tavola . Malva riuscì a prendere gli occhiali di un'altra e se li mise sulla punta del naso, poi teneva la lingua fuori come se fosse mongoloide. Entrò la Madre Guerra e disse:" Questo è il mio laboratorio" e tutti guardarono Malva. I due (Casadio e Cicco) che la conoscevano, rimasero esterreffati e l'Ispettore cercava di non guardarla, ma ogni tanto il suo sguardo andava da quella parte. Avrà pensato:" Poverina, potrebbe essere una bella ragazza. Guarda com'è ridotta." Quando se ne andarono, tornò dentro la Madre infuriata. " Vergognatevi! Bella figura che mi avete fatto fare. Non vi voglio mai più. Siete delle disgraziate". Noi avevamo riso a crepapelle e continuammo a ridere perchè era tanto arrabbiata che ormai le scappava la dentiera.
(Bina Ghetti)
*** Suor Maria Margherita mi voleva molto bene e io a lei. Andavo al Corso di Maglieria e ricevevo 300 lire al giorno. Una volta mi disse:-Metti su la macchina e metti su tutte le maglie.- Obbedii e cominciai a lavorare, su e giù, su e giù, ne avevo fatta un bel po' di quella maglia.Chiedevo:- Ma quanta ne devo fare?- Mi rispondeva:-Tu va sempre avanti che te lo dico io quando devi smettere.- Alla fine ne avrò fatto un metro e mezzo.-Ma suor Margherita, per chi è questa maglia?- Quando l'avrai finita, avrai attaccato le maniche, te lo dirò.- Era enorme. Quando l'ebbi cucita scoprii che era per suor Caternò, suor Caterina, la suora più gigantesca che abbia mai visto.
(Fella Ceroni)
***Nel 1960 iniziò un Corso di Addestramento e Qualificazione per Stenodattilografe. Aveva la durata di otto mesi e venne ripetuto, insieme ad altri Corsi , fino al 1968. Io cominciai a insegnare in quel Corso nel 1962 e avevo 22 allieve. Erano quasi tutte interne, dell'E.N.A.O.L.I., invece negli anni successivi erano più le esterne che le interne.Ho un ricordo molto bello di loro. S'era instaurato un legame molto vivo e profondo, favorito anche dal fatto che ero giovane Suora.
(suor Maria Caterina)
APRE IL LABORATORIO CALLEGARI
***Nel 1958 la Madre Guerra mi chiamò per dirmi che mi dava un nuovo incarico. Dato che eravamo in zona depressa, aveva chiesto e ottenuto dalla Ditta Callegari e Chigi di Ravenna che mettesse su in Convento un laboratorio di confezioni. Io avrei avuto la funzione di sorvegliante e di responsabile della disciplina. Per cominciare, ci stabilimmo nella palestra, poichè, essendo agosto, le studentesse erano in vacanza. Le lavoranti erano sei ragazze giovanissime perchè allora il lbretto di lavoro lo rilascaivano a 14 anni. EranoTina Pierantoni, Primarosa Morganti,Margherita Piancastelli, Erminia (che era un'interna) e Elda Cornacchia.Davanti a quelle macchine elettriche avevano perfino paura.. Per fortuna la Ditta evva mandato una brava insegnante, la signorina Brunetti. Cominciammo con fare blue jeans e camicie sportive. Da sei ragazze, passammo in un anno a 96 e si arginò così la miseria della vallata. La Callegari quotò molto il nostro lavoro e i nostro laboratorio, perchè fin dall'inizio abbiamo dato la produzione richiesta, magari smaltendo il lavoro rimasto con ore di straordinario.. Le ragazze hanno semprerisposto benissimo e si sono sempre fatte onore.. L'attività è durata circa 15/16 anni. Facemmo paletò, i pantaloni più fini,gli impermeabile e perfino canotti e tende da campeggio.. Ad un certo punto l Callegari disse che era necessario costruire un fabbricato apposito, ed è quello che è in fondo al cortile. Ci aiutarono anche finanziarmente, per esempio nell'installazione dell'impianto di riscaldamento e di quello elettrico.. Quando successe che la Ditta fallì per colpa di altri laboratori che aveva anche all'estero, subentrò un signore che faceva le calze, ma non tirò molto avanti, poi ci furono altre produzioni che non durarono.
Adesso, dopo il fallimento, abbiamo affittato la parte inferiore a un gruppo di lavoranti in proprio che producono scarpe.
(suor Maria Luisa Mondini)
***La giornata alla Callegari cominciava alle 8.Le lavoranti arrivavano puntuali col loro camice azzurro, oppure rosa perché ogni due anni cambiavano colore. Ricordo la figura che facevano durante la processione dell'Ascensione. Erano belle ragazze con le loro collanine e il velo in testa. Una volta mi si avvicinò 'Bestén', l'Arciprete Cantagalli, e mi disse: "Rina, (mi chiamava sempre col mio nome da ragazza), el tu bordeglie el per tocce madon." (Le tue ragazze sembrano tutte madonne).Io seguivo la produzione e facevo le bollette. Alla fine confezionavamo pure giubbetti e sottane di renna, articoli anche di lusso. Ogni mattina veniva Pietro, il camionista dell Ditta, e ritirava il lavoro finito. Quando hanno chiuso, ho pianto. Mi ero affezionata.
(suor Rosa Luisa).
***C'era molta disciplina. Se sbagliavamo il lavoro, ci andavamo anche alle 6 a rifarlo. A me è capitato anche di ritornare a casa un sabato sera alle 9 e mezzo. Dobbiamo riconoscere che la disciplina di suor Rosa Luisa ci è servita nella vita. Siamo diventate più responsabili. Per noi è stata una buona maestra. Carmela Palli, per esempio, e Mina Fabbri, che hanno aperto dei laboratori, hanno imparato molto dal suo esempio. È stata una scuola utile e dobbiamo esserle riconoscenti.
(Luciana Mercatelli e Gabriella Montuschi)
*** Mi piaceva andarci. Avevo 17 anni e un giorno suor Rosa Luisa mi chiuse nei gabinetti e mi ci lasciò in penitenza perchè avevo subito un'ingiustizia da un'altra e mi ero arrabbiata forte.Solo dopo due ore mi liberò per tutto lo scompiglio che avevo combinato là dentro. Avevo fatto la matta. Però ci siamo anche divertite.Quando le Suore ci portarono a Capri, sul traghetto facevo le commedie. Mi muovevo a scatti e cantavo Pipetto Stroppolo e '"Franceschino con che core tu mi lasci' e facevo la mossa".
(Fella Ceroni)
***Al laboratorio Callegari ti prendevano solo se avevi meno di vent'anni. Noi del 1959 eravamo le più grandi. La mia prima busta paga fu di 1.500 lire per un mese e lasciai giù anche 100 lire per la cassa della gita.Mi sembrava di aver preso tanto. Dopo cominciarono a darci 250 lire al giorno. All'inizio facevamo lavori un po' andanti come tute da lavoro, cappotti neri di tela cerata per i ferrovieri. Suor Rosa Luisa era in gamba, sapeva trattare, non era impacciata nemmeno davanti ai dirigenti.Allora si piangeva anche solo perché non si arivava a finire il lavoro, o il lavoro a catena ti stressava, invece adesso, quando ne parliamo, diciamo:- Che bei tempi!-. Avevi anche occasione di conoscere ragazze che venivano dagli altri paesi della vallata. Da quel lato è stata un'esperienza positiva. Era un ambiente familiare e ci volevamo bene. Non c'erano rivalità perché non c'era possibilità di carriera. Eravamo tutte uguali e rendevamo molto. Penso che come ambiente di lavoro sia stato veramente valido.
(Teresa Albonetti)
*** Nel 1959, quando mi presero alla Callegari, guadagnavo 250 lire al giorno. Nei primi due mesi la paga fu di 3.000 lire e dopo di 5.000 lire. Ci sembrò moltissimo. Era arrivato il benessere!
(Luisa Montuschi)
***Alla Callegari ci sono rimasta dai 16 ai 31 anni, a cominciare dal dicembre del 1958. Quando la chiusero per fallimento, fu acquistata da De Tomaso e mi chiamarono a Ravenna a fare la maestra. Ero tra le più brave, ma ero anche la più disponibile in quel momento e ho aperto la strada ad altre ragazze. Per questo mi sento un po' la pioniera. Il primo laboratorio a Fognano, la CAS, l'ho fatto aprire io. Sono rimasta a Ravenna tre anni, seguivo 100 donne. La mia responsabilità era grande e quelle donne avevano grinta e poca paura. Lavorare alla Callegari mi è servito moltissimo, c'era molta disciplina e, anche se l'abbiamo subita, io sono per la disciplina. Sono venute fuori tante brave ragazze di là dentro. Io personalmente ho imparato tanto e la disciplina l'ho applicata anch'io, non in ugual misura perché i tempi cambiano, però mi è servita come formazione, come quadratura nel lavoro. Suor Rosa Luisa aveva una grande responsabilità e si capisce poi solo quando si è più grandi, e con la disciplina ha formato tante persone valide. Quelle che hanno aperto un laboratorio qui nella zona sono venute dalla sua scuola.
(Mina Fabbri)
***Io sono praticamente cresciuta nel Convento. Ho fatto i Corsi di maglieria con suor Maria Margherita che era molto dolce, molto buona e molto comprensiva. Poi sono andata al Laboratorio Callegari per parecchi anni. Quando fallì, a me e a Grazia Benericetti offrirono di andare a lavorare a Ravenna. Più tardi ne vennero altre. Mentre lavoravo alla Callegari, ho fatto un Corso di apprendistato per due anni. Una volta alla settimana, in una sala del Convento, imparavamo a tagliare, a cucire e ci insegnavano Economia Domestica. Facevamo anche dei problemi. La Callegari questi Corsi li doveva fare per legge. Oltre a Grazia, c'erano Oriana Ciani, Oriana Oriani e altre appena assunte, una ventina. Io ho vinto per due anni il premio di 10 mila lire i perché avevo fatto meno assenze di tutte e avevo svolto bene i compiti. C'era anche un secondo premio di 5 mila lire. I premi li consegnava l'Ufficio del Lavoro di Fognano. A me li consegnò Montuschi.
(Gabriella Piancastelli)
IL CORSO PER STENODATTILOGRAFE
Il primo fu aperto nel 1960. Aveva la durata di 8 mesi e venne ripetutto, insieme ad altri Corsi, fino al 1968. Io cominciai a insegare nel Corso del 1962 e avevo 22 allieve. Erano quasi tutte interne, dell'E.N.A.O.L.I.,Invece negli anni successivi erano più le ragazze esterne che le interne.Ho un ricordo molto bello di loro. Si era instaurato un legame molto vivo e molto profondo, favorito anche dal fatto che ero una giovane Suora.
(suor Maria Caterina)
Oggi* il Monastero è principalmente una casa di accoglienza e spiritualità gestita da suore domenicane. Il Centro di accoglienza è aperto per gruppi di preghiera, di studio, per convegni di vario genere, per riposo e vacanza.
La Casa offre un clima ospitale, di silenzio e pace a contatto con la natura; è attrezzata di sale di diversa capienza, mezzi audiovisivi, ampi spazi di soggiorno, un parco secolare, giochi per bambini.
Dispone di 180 posti letto in camere spaziose, singole,doppie o a piu letti, con bagno interno.
Per *Oggi* si intende dal al 2019 quando nere nubi temporalesche cominciarono ad affacciarsi sopra al Convento.
La messa è finita per il convento Emiliani di Fognano: alla mancata riapertura del centro estivo, dell’asilo nido e della scuola materna si aggiunge ora la notizia dell’abbassamento del sipario su tutte le attività del monastero, tra cui l’accoglienza di ospiti. Per l’istituzione religiosa che dal 1544 nel Convento di Santa Caterina prima– fatta eccezione per l’epoca napoleonica – e dal 1822 poi occupa l’edificio corrispondente a gran parte del centro storico di Fognano- questa rappresenta una sostanziale uscita di scena dalla vita della vallata. Le monache che abitano il monastero – meno di una decina – rimarranno a vivere tra quelle mura fino a nuova disposizione dell’amministratore nominato dal Vaticano .
(dal Resto del Carlino)
C’è un futuro per il Convento Emiliani di Fognano?
Siamo stati contattati da diverse persone, già nei primi giorni della settimana scorsa, quando hanno iniziato a serpeggiare le prime voci, per poi intensificarsi negli ultimi giorni”: a parlare è Luca Ballanti, consigliere del gruppo Insieme per Brisighella. “Voci che sono state confermate dai diretti interessati che hanno perso il lavoro e dalle famiglie che sono state informate che non si sarebbe attivato nessun CRE (Centro ricreativo estivo) per i bambini. E così, appurata la costante assenza dell’amministrazione comunale sia sul piano comunicativo sia nel gestire questa situazione già difficile a ottobre 2019, abbiamo deciso di scrivere al referente della Provincia dei Frati Domenicani per farci portavoce di informazioni certe e veritiere e offrire inoltre la nostra piena collaborazione per una progettualità sul futuro delle attività presenti nel Convento. Il Convento Emiliani non è solo una struttura di sostegno alle famiglie con l’offerta di un servizio di scuola materna e nido d’infanzia, ma è altresì un importantissimo punto di riferimento per il tessuto sociale, turistico-ricettivo dell’intera vallata, che ha sempre messo davanti agli interessi economici, il valore dell’accoglienza. Perdere questa importante realtà porterà di certo a un impoverimento non solo di Fognano, ma dell’intero Comune di Brisighella. Come gruppo consiliare attendiamo una risposta, fiduciosi che si tratti solo un fermo temporaneo legato alle misure previste per l’emergenza sanitaria".
(Luca Ballanti Assessore Comunale)
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Dal Resto del Carlino
Lettera di un gruppo di medici che organizza corsi al convento Emiliani di Fognano.
Quando nel 2017 approdammo a Fognano, consigliati da amici della zona, ci fu subito chiaro di aver trovato il nostro piccolo paradiso. L’Istituto Emiliani offriva il contesto ideale per realizzare un sogno: organizzare dei corsi teorico-pratici su due strumenti clinici fondamentali come l’elettrocardiogramma e l’emogasanalisi, in cui al centro ci fossero la condivisione delle conoscenze, il contagio degli entusiasmi, il confronto fa le diverse esperienze. Il tutto in un clima raccolto, con uno stile lontano dagli orpelli economici ed affaristici che deturpano l’arte medica (...).
Nel silenzio dei corridoi, nel cibo genuino e gustoso, nella generosa ospitalità delle suore domenicane e del personale, ormai centinaia di giovani medici provenienti da tutte le regioni italiane, dal Piemonte alla Sicilia, hanno trovato in questi anni un’opportunità preziosa ed unica nel suo genere per approfondire delle competenze professionali ad un costo accessibile (...)
Ma i giorni a Fognano sono anche per tutti noi l’occasione per conoscere le qualità di un territorio che sa offrire molto di più della riviera e delle sue più note attrazioni. Qui, nelle serate conviviali, incontriamo produttori di vino, di olio e di birra artigianale, che ci comunicano segreti di un’arte millenaria e soprattutto quella passione che è parte essenziale della vostra terra. E tutto questo arricchisce la nostra umanità.
Con sorpresa e smarrimento abbiamo appreso, quindi, la notizia della chiusura dell’Istituto Emiliani. Immaginiamo, certo, le difficoltà legate ad introiti probabilmente troppo scarsi rispetto alle onerose esigenze di conduzione e manutenzione di una struttura tanto vasta e articolata. Cogliamo, tuttavia, la straordinaria importanza storica ed anche attuale e concreta che il Convento riveste nel tessuto sociale, non solo della Valle del Lamone, ma anche dell’area romagnola.
E intuiamo le sue enormi potenzialità come luogo di formazione, di incontro e di ristoro (del corpo e dell’anima) anche a un livello potenzialmente nazionale.
Proprio per tale sua unicità, ci attendiamo che le autorità religiose abbiano a cuore la preservazione ed il rilancio dell’Istituto. Perché possa continuare ad essere un riferimento ed un richiamo sociale, culturale e spirituale, nel solco della vocazione per cui è nato quasi due secoli fa.
E ci pare che tali motivi valgano qualsiasi sforzo e qualsiasi calcolo. La gente delle vostre terre ha bisogno del convento di Fognano.
E, con loro, anche centinaia di medici di tutta Italia anelano ad un luogo in cui crescere in conoscenza e umanità. Due pilastri indispensabili per diventare quei buoni ’dottori’ di cui tutti sentono il bisogno.
Domenico Gruosso, Tiziano Lenzi, Andrea Vicenzi, Laura Napoleone, Anna Maria Rusconi, Paolo Villa
(da "Brisighella notizie del territorio"- Facebook)
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24 SETTEMBRE 2020
Lettera di risposta inviata dal Commissario Apostolico Frate Fausto Arici.
Alla cortese attenzione di gentilissimi Domenico Gruosso, Tiziano Lenzi, Andrea Vicenzi, Laura
Napoleone, Anna Maria Rusconi e Paolo Villa.
Sono, con molta stima, a ringraziarvi per le numerose lettere e testimonianze che mi avete fatto pervenire
al fine di manifestare il vostro attaccamento all’Istituto Emiliani, il riconoscimento del suo importante
ruolo religioso, culturale, civico e così pure la vostra preoccupazione per le fatiche che l’Istituto sta vivendo:
questa innegabile prova di affezione è di grande conforto per tutti noi, innanzitutto per le care
consorelle della Congregazione del Santissimo Sacramento di Fognano!
È innegabile che la storica presenza delle suore di Fognano, con la loro costante generosità e dedizione,
abbia avuto e continui ad avere un ruolo straordinario, ma sarebbe scorretto se non facessi cenno al fatto
– come già fatto in altre sedi – che la situazione di fragilità dell’Istituto Emiliani non può più essere
sottovalutata: la stupefacente vastità della proprietà – sovraccarica di gravosi vincoli artistici e gestionali
– e le sempre più esigenti e costose normative che regolano le attività commerciali di ospitalità ed educative
hanno reso nelle attuali condizioni estremamente onerosa e vulnerabile la sostenibilità economica
dell’Istituto, soprattutto se si pensa che è tutta sulle spalle di una comunità di consorelle che – seppur
ineguagliabili nella loro abnegazione – è vieppiù piccola, oltre ad essere resa sempre più gracile dall’avanzare
degli anni.
Ignoro a chi far risalire la chiacchiera della definitiva chiusura del convento e ignoro il perverso motivo
per cui lo faccia. La mia unica preoccupazione – che è anche quella del confratello che si occupa direttamente
della gestione, fra Vincenzo Benetollo – è quella di fare di tutto, sino a che i competenti superiori
ecclesiastici lo riterranno opportuno, per rendere possibile ed efficace un lavoro di profondo riordino
economico-gestionale e un lavoro di accorto ripensamento delle attività dell’Istituto al fine di giungere –
con l’aiuto del Signore e di tutti coloro che sono di buona e generosa volontà – a ridefinirne il ruolo
sempre ovviamente a servizio del popolo di Dio, ma più a misura delle reali forze della comunità delle
consorelle.
È certamente, questo, un momento di indubbia sofferenza, di cui tutti farebbero volentieri a meno, e
certamente la strada che abbiamo intrapreso è assai faticosa, ma – ahimè – come suggerisce la saggezza
popolare, il medico pietoso fa la piaga verminosa.
Nella speranza di avere presto l’occasione di accogliere le più numerose e ferventi disponibilità ad aiutare,
porgo a tutti i miei cordiali saluti e invoco su tutti la benedizione del Signore.
Scritta a Milano nel convento di Santa Maria delle Grazie,
il 21 settembre 2020 da
fra Fausto Arici, o.p.
commissario apostolico
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Risposta del gruppo di medici
Rev. Fra Fausto Arici, o.p., Commissario Apostolico,
la ringraziamo per la sua sollecita risposta, che tuttavia, contrariamente a quanto speravamo, ha aumentato, anziché acquietare, le nostre preoccupazioni in merito al destino della comunità di Fognano e dell’Istituto Emiliani.
Al di là delle esplicite dichiarazioni, ci pare, infatti, di cogliervi un’attenzione prioritaria agli aspetti economico-finanziari, a scapito di un progetto di rilancio premuroso e lungimirante.
E se da un lato siamo indubbiamente all’oscuro di molti dettagli, anche importanti, di tale vicenda, che ci formerebbero un’opinione più compiuta, d’altro canto non ci mancano l’intelligenza e la cultura per avvertire il timore che prevalgano in questo momento umori, ragionamenti ed interessi più distruttivi che rigenerativi.
Non possediamo certamente competenze specifiche in ambito di bilanci e management, ma, dal nostro punto di vista, ci colpisce in particolare, nella sua lettera, il passaggio in cui cita il noto adagio popolare il medico pietoso fa la piaga verminosa.
Come medici, per scelta e per passione (per vocazione, si potrebbe dire) abbiamo imparato giorno dopo giorno quanto ingannevole sia tale proverbio. Perché è vero esattamente il contrario: la pietas, e l’empatia, e l’amore sono gli strumenti della cura.
Viceversa saremmo solo dei meccanici che cercano di aggiustare una macchina rotta.
Ma di queste figure (ahinoi tutt’altro che rare anche nella nostra professione), la gente è ormai stanca. Perché la cura, per poter guarire realmente, non può prescindere dall’ascolto e dalla comprensione.
Per fare ciò il medico deve, allora, spogliarsi della propria illusione di onniscienza e onnipotenza, per incontrare il paziente nella realtà e nella dignità del suo corpo e della sua persona. E compiere con lui un cammino condiviso.
Senza di questo saremmo soltanto dei mestieranti.
Non lo auguriamo a nessuno.
Andrea Vicenzi, Domenico Gruosso, Laura Napoleone, Anna Maria Rusconi, Paolo Villa, Tiziano Lenzi
Manuela Brighenti
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Un commento pubblicato il 21 settembre 2020
L'Istituto Emiliani di Fognano (RA) non deve chiudere, è un luogo di pace in un mondo confuso, un faro nella notte della vita, un luogo in cui far pace con Dio, con se stessi e con il prossimo...
Le suore sono speciali, discrete, piene d'amore per Dio e fedeli al 100% a Lui, sono pienamente coerenti con il loro carisma, sanno dare affetto conforto e speranza a chi è nel bisogno, sono state e sono un punto fermo di riferimento per tante generazioni, non hanno mai risparmiato forze ed impegno nell'aiuto al prossimo, credono fermamente in ciò che fanno, non si risparmiano in nulla, sono semplici, accoglienti, umili, amano la verità che è sempre presente in tutto ciò che pensano fanno e dicono.
Sarebbe davvero un peccato non poter più contare su di loro che tanto bene hanno fatto e potrebbero continuare a farne.
"Il Convento Emiliani, luogo unico"
https://www.imolaoggi.it/2022/11/06/congregazioni-religiose-la-denuncia-di-suor-marisa-bambi/
Istituto delle suore, la madre superiora denuncia in tv: "Il Vaticano ci ha costrette a vivere al freddo e in povertà"
“C’è un limite a tutto: l’ordine domenicano vanta la democrazia dal medioevo, ma qui non esistono democrazie, esistono urla e intimidazioni". Questa la chiosa finale di Suor Maria Bambi, madre superiora della Congregazione delle Suore Domenicane del Santissimo Sacramento di Fognano di Brisighella, intervenuta sabato in una puntata del programma 'Piazza Libertà' per denunciare lo stato di indigenza e di povertà a cui la Congregazione degli Istituti Religiosi del Vaticano “ha costretto l’Istituto Emiliani”, si legge in una nota diffusa da un comitato che si sarebbe costituito in difesa delle religiose, "togliendole la rappresentanza legale, riducendola all’obbedienza e commissariando l’Istituto".
Nel corso del proprio intervento suor Marisa ha evidenziato il percorso di gestione dell’Istituto Emiliani, nel periodo Covid e attuale: “Noi dobbiamo stare al freddo e dobbiamo esaurirci il più presto possibile - ha detto Suor Marisa -, ci sono suore che stanno crollando dopo 8 anni, ci sono solo delle accuse e parliamo di soldi che non ci sono (relativamente alle spese del convento e alla vendita di una villa a Roma di proprietà della congregazione, come sottolineato dal conduttore della trasmissione, nda). Nell’Istituto abbiamo lavorato fino a marzo del 2020, poi abbiamo lavorato col lockdown, e a giugno (2020, nda) il legale rappresentante ha chiuso la scuola e l’attività, licenziando i 12 dipendenti. Ci hanno poi detto che il 30 settembre avremmo riaperto, ma ad ottobre in un incontro il commissario ha aggredito una suora, non solo a parole. Dopodiché hanno detto che sarebbero tornati dopo un paio di giorni, invece a marzo il commissario ha dato le dimissioni, e a novembre è arrivato il nuovo commissario”.
La situazione però non è cambiata secondo quanto afferma la religiosa, che rivendica lo stato di impossibilità a lavorare delle sorelle e quindi di sostenere le spese da parte dell’Istituto. “Non hanno mai parlato del domani. Ci hanno tolto il carisma, l’apostolato e il lavoro. Non vogliono che qualcuno ci venga a trovare, non hanno pagato l’assicurazione per far sì che i bambini non possano entrare nel convento”.
Contattata telefonicamente, Suor Marisa non ha voluto rilasciare altre dichiarazioni rimettendo la palla al comitato che si sarebbe costituito a Fognano “composto da avvocati, medici, professori e professionisti di più settori, per sostenere la congregazione, sia dal punto vista delle necessità materiali, sia nella battaglia legale per il giusto riconoscimento dei suoi diritti legittimi”, si legge ancora nella nota finalizzata “all’opportunità che la Congregazione degli Istituti Religiosi del Vaticano che ha commissario l'Istituto Emiliani e ridotto alla obbedienza la Madre Superiora, togliendole la rappresentanza legale e congelando tutte le attività educative e di accoglienza, possa ripristinare immediatamente tutte le attività dell'Istituto Emiliani e riconoscere il ruolo di Madre Superiora conferitole dal Capitolo”.
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Interviene la Diocesi
FAENZA «Il Vescovo Mario Toso non ha disposto la sospensione di qualsivoglia attività dell' Istituto e non ha conferito alcun mandato al Commissario
Apostolico né con riferimento all' attuale gestione né in relazione alle prospettive future dell' Istituto. E non ha disposto la sospensione né ha
conferito alcun mandato perché non rientra nelle sue competenze». Con una netta presa di posizione la Diocesi di Faenza e Modigliana
interviene nella querelle sul caso "Emiliani" da un lato «confermando la fiducia nei confronti del Commissario Apostolico
nominato dalla Congregazione come pure nei confronti del Legale rappresentante», ma allo stesso tempo sottolineando
come in questa "partita" il ruolo della stessa Diocesi sia da considerarsi terzo. «Da tempo, l' ormai radicata e gravissima situazione debitoria dell' Istituto -
scrive la Diocesi - ha determinato l' urgenza e la necessità di assolvere quanto prima i rilevanti oneri finanziari dietro pressanti richieste di istituti di credito,
fornitori e dipendenti, con il concreto rischio di incorrere in procedure civili di riscossione coatta dei crediti, provocando scandalo e diffamazione dell' Istituto
e della Chiesa. È stata, quindi, la difficile situazione economico finanziaria a costringere la Congregazione Vaticana a nominare un Commissario Apostolico
e a sostituire il legale rappresentante, concedendo anche la facoltà di alienare dei beni, "al fine di tutelare e promuovere, nei limiti del possibile, il bene dell' Istituto
e delle singole religiose". La Diocesi sottolinea inoltre due concetti importanti. Il primo è che i «vescovi diocesani hanno dovuto prendere atto del fatto
che dal 2014 la Congregazione Vaticana aveva avviato un' attenta valutazione della situazione economico/finanziaria dell' Istituto religioso».
Il secondo,infine, è che «dalla data del Commissariamento, ogni potere di governo dell' Istituto religioso, sia con riferimento a quanto previsto dalle norme particolari
della Congregazione di Fognano sia con riferimento a quanto previsto dal diritto canonico (ad esempio: le decisioni circa l' avvio, la sospensione
o la chiusura di attività, la decisione in materia di alienazioni, pagamenti... ) non riguarda la curia.
CRONACA - Da Ravenna
Si è presentato il comitato a supporto delle religiose, che dal 2020 sono commissariate: "Hanno accusato di mala gestione la Madre Superiora e stanno svendendo il loro patrimonio"
Redazione
28 febbraio 2023 15:36
Un comitato in difesa delle suore di Fognano: "Giù le mani dall'Istituto, fate un passo indietro e si torni a dialogare"
Hanno messo nero su bianco la recente storia del convento Emiliani di Fognano, sostenendo che le suore domenicane del Santissimo Sacramento siano state, economicamente parlando, “strangolate”. Con queste premesse e con queste accuse si è presentato pubblicamente il ‘Comitato Istituto Emiliani’ che, nella giornata di sabato, ha indetto un incontro al quale hanno partecipato alcuni rappresentanti del comitato, tra cui Armando Manocchia, conduttore della trasmissione televisiva durante la quale la madre superiora suor Marisa Bambi aveva denunciato anche alcune riunioni ad "alta tensione" durante il periodo di reggenza del precedente commissario.
Sabato Manocchia ha riassunto la storia recente dell’Istituto e dei commissariamenti con dichiarazioni verosimilmente intercorse tra l’Istituto stesso e la Congregazione degli istituti religiosi del Vaticano. Inoltre sono stati messi in evidenza alcuni passaggi come “il cambio della rappresentanza legale da suor Marisa al commissario” e la vendita di alcuni beni, in particolare una villa romana, che sarebbe stata disposta per colmare la situazione deficitaria dell’Istituto ma che secondo quanto affermato dai rappresentanti del comitato sarebbe stata alienata per “poco più della metà del valore”. Altro è stato riportato circa i rapporti tra il commissario, la madre superiora e le consorelle, nonchè in merito ad azioni di tipo legale e patrimoniale, dipingendo un quadro piuttosto articolato e complesso.
“Ci siamo costituiti in comitato con l’unico intento di sostenere questo patrimonio della comunità che è l’istituto e le suore - spiega Manocchia -, anche alla luce di quello che stanno vivendo e sopportando. Attraverso delle scuse, suor Marisa è stata accusata di mala gestione, e le suore sono state depredate del loro carisma e dei loro beni. Abbiamo ritenuto opportuno quindi uscire allo scoperto e le cose che abbiamo detto sono supportate da documenti. Noi siamo ancora dell’idea che si possa dialogare. Chiediamo di ripristinare la situazione antecedente al 2020, restituire la rappresentanza legale alla madre superiora, e consentire alle suore di ripristinare le loro attività. Solo così metteremo una pietra sopra a quello che è successo. Questo istituto di 14mila metri quadrati è di proprietà delle suore, non della Chiesa. Lancio un messaggio: fate un passo indietro”.
23 marzo 2023
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FOGNANO, LE SUORE TORNANO TITOLARI DEL MONASTERO
Il Vaticano ha revocato il commissariamento deciso per il convento Emiliani . Per l’Istituto giunge al termine un limbo protrattosi per quattro anni.
È una retromarcia piuttosto inaspettata quella compiuta poche ore fa dalle gerarchie vaticane, che hanno revocato il commissariamento deciso quattro anni fa per il convento Emiliani di Fognano. Le suore domenicane tornano dunque le legittime titolari del monastero – il più grande d’Italia con i suoi 15mila metri quadrati – e delle risorse finanziarie a lui legate. Dall’interno del convento per il momento non filtrano molti commenti sulla questione: le monache sono infatti in attesa "della conclusione dell’iter legale, per il quale occorrerà ancora qualche settimana".
Per l’Istituto Emiliani giunge dunque al termine un limbo protrattosi per quattro anni: la situazione torna dunque di nuovo alla casella di partenza, senza che in questa parentesi temporale i tre commissari avvicendatisi alla guida dell’ordine e la curia – faentina e romana – siano riusciti a individuare una destinazione alternativa per quello che è uno dei conventi più grandi d’Europa. Toccherà alle suore tentare di far ripartire le attività di accoglienza che caratterizzavano la struttura, dove alloggiavano ogni anno varie migliaia di visitatori, senza contare gli eventi annuali organizzati dalle università di Bologna e Firenze, e che negli ultimi anni avevano destato l’interessamento anche dell’Università di Napoli. Rispetto al 2019 una sola cosa è cambiata: pochi giorni fa sono arrivate al convento alcune nuove suore, originarie del Sudafrica e appartenenti ad un altro ordine, inviate qui dal Vaticano per assistere le sette religiose domenicane, tutte molto anziane, e in due casi gravemente provate dal trascorrere degli anni.
Benché anziane, le monache hanno continuato a prendersi cura della struttura, che infatti, nonostante sia colossale, appare in ottime condizioni: si presentano in buono stato le cucine, la sala mensa, il giardino con i suoi orti e frutteti, per arrivare alla sala conferenze, le aule studio, i salotti attrezzati ciascuno come una piccola sala lettura, senza dimenticare le centinaia di camere distribuite lungo i vari corridoi della struttura, lunghi ciascuno quasi duecento metri. Per l’Istituto Emiliani ripartire non sarà facile, per vari motivi: innanzitutto per l’impossibilità di far riprendere le attività didattiche legate all’asilo e alla scuola materna, chiusi anni fa (il Comune di Brisighella è infatti nel frattempo corso al riparo dando vita a un proprio istituto legato a lavori finanziati dal Pnrr), e non secondariamente per la mole debitoria accumulatasi negli anni in cui le attività sono state ferme, mentre i costi per il mantenimento della struttura rimanevano all’inizio pressoché identici, e poi gravati dall’inflazione.
https://www.ilrestodelcarlino.it/.../fognano-le-suore
Dopo tanta ingiustizia e sofferenza patita, le nostre Suore sono riconosciute proprietarie dell'Istituto. Risulta infatti che molti anni fa una Suora tedesca, evidentemente di famiglia facoltosa, acquistò il Convento che divenne proprietà delle Religiose. Per certi personaggi questa verità era molto scomoda e si voleva espropriarle e mettere in vendita l'Istituto. Innumerevoli ragazze, studenti, educande, donne, bambini, anziani...hanno ricevuto accoglienza, protezione, cultura, rifugio, lavoro, svago e tanto altro. Come non essere loro grati e grate per tutto il beneficio che abbiamo ricevuto?
L'improvvisa alluvione del 2023, che ha colpito l'Emilia Romagna come un apocalisse, ha allagato campi, distrutto strade, invaso le case. Due giorni sono bastati perché succedesse tutto questo: il 2 e il 17 maggio . L'Emilia Romagna non aveva mai visto nulla del genere. Una parte di Faenza, quella più vicina al Lamone, si è trovata sommersa. Fango e acqua, insieme ai rifiuti rubati alle tubature igieniche e alle vasche di decantazione, hanno distrutto porte, finestre, mobili e tutto ciò che si trovava nelle case, soprattutto a pianterreno.La campagna, i poderi intorno a Faenza, i paesi nella piana hanno subìto la stessa sorte. Tanti gli animali morti nelle aie e negli allevamenti, morti viti e alberi da frutto le cui radici marciranno. Si è calcolato che in tutta la regione saranno 40 milioni gli alberi da ripiantare. Per fortuna Ravenna coi suoi tesori si è potuta salvare grazie a un imprenditore agricolo che ha permesso di deviare il flusso verso i suoi campi. Sulle colline e sui monti del'Appennino si sono verificate moltissime frane che hanno interrotto strade, divelto viti, ulivi e messo in pericolo la stabilità di tante case. A Brisighella il Lamone esondato ha invaso i campi sportivi distruggendo le attrezzature e le frane hanno interessato strade e case. A Fognano una frana è scesa dal Monte Canneto. Acqua e fango hanno oltrepassato la ferrovia, le mura del Convento, attraversando l'orto, il cortile e fermandosi a ridosso dell'edificio. L'acqua fangosa è scesa nelle grandi cantine allagandole e distruggendo. Alcuni uomini della Protezione Civile e ragazzi volontari sono accorsi in aiuto.
I volontari, tantissimi, sono stati chiamati "angeli del fango". A Faenza, come in altri luoghi della Regione, erano in prima linea ad aiutare gli alluvionati, dedicando il loro tempo e le loro energie alle persone alle quali il Comune ha messo a disposizione Palazzetto dello Sport e palestre Oltre 130 persone di Brisighella che evacuate per prudenza sono state accolte nel Convento dove hanno soggiornato finché il pericolo di frane, incombente sule loro case, non è finito.
Segue una serie di foto. Per leggere la didascalia cliccare sul rettangolino in basso a sinistra di ogni fotografia
Dal Corriere di Romagna
I profughi sbarcati a Ravenna e accolti a Fognano? “Volatilizzati in due giorni, vanno tutti all’estero”
29 Set 2023
Non solo il presunto scafista Al Ashraf Hamdy, anche i 25 migranti accolti al convento Emiliani di Fognano (Brisighella) a cura della coop Acquacheta si sono come volatilizzati in un paio di giorni. O meglio, come precisa il presidente della cooperativa Mirko Betti, «hanno abbandonato volontariamente» il paese diretti probabilmente verso il nord Europa: «Avevano tutti parenti in Germania, Inghilterra, Francia – spiega –. Hanno usato l’Italia come trampolino per cercare fortuna altrove, ma avevamo capito quasi subito che c’era questa volontà. Al nostro mediatore avevano detto che non erano interessati a restare». Al convento i 25 migranti, famiglie provenienti dalla Siria e dalla Libia, soggiornavano nella foresteria, senza contatti con le suore domenicane, che però preparavano i pasti per loro alle 13 e alle 20. Il fuggi fuggi iniziato mercoledì, è culminato all’ora di pranzo di ieri, quando nessuno si è presentato a mangiare. Chi lavora in Acquacheta dice che si tratta di un epilogo «che ci si poteva aspettare» e che anzi «accade molto spesso», perché le persone «non si possono trattenere», mentre è possibile che in convento, dopo il dialogo aperto con la Prefettura di Ravenna, si ipotizzasse una permanenza più duratura, magari collegata a un percorso di inclusione sociale, e non un «mordi e fuggi». Fatto sta che ora sarà difficile vedere tornare indietro queste 25 persone che avevano indicato in Hamdy il loro presunto scafista. «Prima, durante e dopo il loro arrivo al convento – si limita a dire Betti – c’è stata una minuziosa azione di verifica e di controllo» da parte di forze dell’ordine e autorità giudiziaria. Il Comune, infine, nel dare conferma della partenza dei migranti sottolinea solamente che la partita era stata gestita da Governo, Istituto Emiliani e Prefettura, con quest’ultima che «ha sostenuto le spese per l’ospitalità».